Facing an intricate doctrinal and jurisprudential contrast, dotted by decisions taken by united sections, as well as subsequent wayward interpretations, judges of legitimacy added new pieces to a puzzle yet of diffucult composition. The Fifth Criminal Division of the Supreme Court considers that in the proceedings before the Judge of Peace, «the missing comparison of the plaintiff – even if clearly given notice of any subsequent absence would be inter- preted as a desire not to pursue the instance of punishment – integrates the extremes of tacit remission [...]». Since now, it will be considered valid any conclusion reached by the court because, for one part, this is framed properly in the guiding principles of the review rite. And moreover, choosing not to appear, even if in presence of warnings clarifiers, this represent an extraprocessual behavior which is framed in the provisions of art. 152 c.p., where asylum is a tacit remission. The reasons of a good legal sense however, induce to hope that the legislator wants to outline a clear information apparatus, stable and linear, which can infuse the plaintiff’s awareness of the value of his actions or omissions.

A fronte di un intricato contrasto dottrinale e giurisprudenziale, costellato di decisioni a sezioni unite più e meno recenti nonché di successive interpretazioni indocili, i giudici di legittimità aggiungono un nuovo tassello ad un puzzle di difficile composizione. La V sezione penale della Suprema Corte ritiene che nel procedimento davanti al Giudice di Pace «la mancata comparizione del querelante – chiaramente e previamente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non perseguire nell’istanza di punizione – integra gli estremi della re- missione tacita [...]». Si anticipa sin d’ora che si ritiene valida la conclusione cui i giudici pervengono, perché, per un verso, si inquadra correttamente nell’alveo dei principi ispiratori del rito in esame, per altro la scelta di non comparire, purché in presenza di avvisi chiarificatori, rappresenta un comportamento extraprocessuale e, come tale, inquadrabile nella disciplina dell’art. 152 c.p., in cui trova asilo la remissione tacita. Ragioni di buon senso giuridico inducono, tuttavia, a sperare che il legislatore voglia delineare un apparato infor- mativo trasparente, stabile e lineare, che infonda nel querelante la consapevolezza del valore delle sue azioni od omissioni.

La remissione tacita della querela nell’assenza consapevole della persona offesa al cospetto del giudice di pace

Nocerino W
2016-01-01

Abstract

Facing an intricate doctrinal and jurisprudential contrast, dotted by decisions taken by united sections, as well as subsequent wayward interpretations, judges of legitimacy added new pieces to a puzzle yet of diffucult composition. The Fifth Criminal Division of the Supreme Court considers that in the proceedings before the Judge of Peace, «the missing comparison of the plaintiff – even if clearly given notice of any subsequent absence would be inter- preted as a desire not to pursue the instance of punishment – integrates the extremes of tacit remission [...]». Since now, it will be considered valid any conclusion reached by the court because, for one part, this is framed properly in the guiding principles of the review rite. And moreover, choosing not to appear, even if in presence of warnings clarifiers, this represent an extraprocessual behavior which is framed in the provisions of art. 152 c.p., where asylum is a tacit remission. The reasons of a good legal sense however, induce to hope that the legislator wants to outline a clear information apparatus, stable and linear, which can infuse the plaintiff’s awareness of the value of his actions or omissions.
2016
A fronte di un intricato contrasto dottrinale e giurisprudenziale, costellato di decisioni a sezioni unite più e meno recenti nonché di successive interpretazioni indocili, i giudici di legittimità aggiungono un nuovo tassello ad un puzzle di difficile composizione. La V sezione penale della Suprema Corte ritiene che nel procedimento davanti al Giudice di Pace «la mancata comparizione del querelante – chiaramente e previamente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non perseguire nell’istanza di punizione – integra gli estremi della re- missione tacita [...]». Si anticipa sin d’ora che si ritiene valida la conclusione cui i giudici pervengono, perché, per un verso, si inquadra correttamente nell’alveo dei principi ispiratori del rito in esame, per altro la scelta di non comparire, purché in presenza di avvisi chiarificatori, rappresenta un comportamento extraprocessuale e, come tale, inquadrabile nella disciplina dell’art. 152 c.p., in cui trova asilo la remissione tacita. Ragioni di buon senso giuridico inducono, tuttavia, a sperare che il legislatore voglia delineare un apparato infor- mativo trasparente, stabile e lineare, che infonda nel querelante la consapevolezza del valore delle sue azioni od omissioni.
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