Il complesso quadro emerso dalle riflessioni sui recenti dissesti finanziari ha messo in evidenza, tra l’altro, il coinvolgimento dei revisori negli scandali e ha posto l’attenzione su come molteplici interessi finanziari e legami troppo stringenti con la società revisionata possano comportare una perdita dell’indipendenza del soggetto preposto alla funzione di controllo contabile. I legislatori di diversi paesi, prestando particolare attenzione a tale circostanza, hanno assunto una serie di iniziative volte a limitare questi tipi di relazioni e ad incrementare l’indipendenza. Poche, invece, sono state le ricerche volte ad evidenziare l’esistenza anche di interessi non finanziari dei revisori che, al pari di quelli finanziari, possono, in una certa misura, comprometterne l’indipendenza. Le questioni connesse al tema in esame però non nascono con i recenti scandali. Esse emergono in precedenza sia in Europa sia oltreoceano e sono connaturate all’evolversi del sistema imprenditoriale. Il continuo tentativo di adeguamento delle norme in tema di indipendenza, attraverso la previsione di nuove regole, denota certamente la difficoltà di risolvere il problema attraverso strumenti normativi che, con lo sviluppo repentino del mercato, appaiono immediatamente, anche quelli più nuovi, inadeguati e superati. Ciò induce a verificare se, nel nostro ordinamento, all’adozione di nuove disposizioni, introdotte con il D.lgs. 39 del 2010, corrisponda il conseguimento di una effettiva garanzia di indipendenza dei revisori oppure se, nonostante i recenti e incisivi interventi legislativi, sussistano circostanze che, travalicando la sanzione stessa, rendano l’applicazione del principio di indipendenza oggettivamente impossibile. Escluso, dopo una prima analisi, che i meccanismi reputazionali possano da soli risolvere il problema dei conflitti di interesse e dell’indipendenza dei revisori, si volge l’attenzione all’attuale contesto normativo, considerando l’esistenza di tre ordini di problemi: a) sussistono ipotesi in cui le norme appaiono poco chiare o lacunose. Poiché la loro incisività dipende anche dalla chiarezza e dalla completezza del loro enunciato, i dubbi interpretativi non aiutano la loro corretta ed efficace applicazione. Una analisi attenta delle norme conduce a ritenere che le nuove disposizione lascino spazi più larghi di quanto non facessero le precedenti; b) può accadere che le norme siano chiamate ad operare in un contesto in cui la presenza di altri elementi le priva, nei fatti, della reale possibilità di risultare efficaci. E’ il caso delle disposizioni in tema di responsabilità civile dei revisori sulla cui efficacia deterrente si discute già da tempo; c) infine, può accadere che il revisore sia portatore di un interesse non finanziario che determina un comportamento di natura psicologica difficilmente regolabile dalla legge. In questo caso le norme possono non risultare sufficienti. Tale elemento segna la linea di demarcazione tra le possibili soluzioni normative, che potrebbero tendere ad attenuare i probabili conflitti di interesse, e l’impossibile realizzazione di una completa indipendenza. Alla luce delle considerazioni sviluppate, qualunque giudizio su normative miranti a risolvere o attenuare i conflitti idonei a minare l’indipendenza dell’attività di revisione deve muoversi tra rigore e realismo. Rigore nel tentare di non lasciare aperti spiragli al possibile consapevole coinvolgimento dei revisori in interessi che non siano quelli alla tutela dei quali la loro funzione è ispirata; realismo nel comprendere che nessuna legge può superare i conflitti di interesse la cui fonte è di carattere psicologico-comportamentale e non precipuamente finanziario.
L'indipendenza dei revisori: a proposito della nuova normativa sulla revisione legale dei conti.
TEDESCHI, CLAUDIA
2010-01-01
Abstract
Il complesso quadro emerso dalle riflessioni sui recenti dissesti finanziari ha messo in evidenza, tra l’altro, il coinvolgimento dei revisori negli scandali e ha posto l’attenzione su come molteplici interessi finanziari e legami troppo stringenti con la società revisionata possano comportare una perdita dell’indipendenza del soggetto preposto alla funzione di controllo contabile. I legislatori di diversi paesi, prestando particolare attenzione a tale circostanza, hanno assunto una serie di iniziative volte a limitare questi tipi di relazioni e ad incrementare l’indipendenza. Poche, invece, sono state le ricerche volte ad evidenziare l’esistenza anche di interessi non finanziari dei revisori che, al pari di quelli finanziari, possono, in una certa misura, comprometterne l’indipendenza. Le questioni connesse al tema in esame però non nascono con i recenti scandali. Esse emergono in precedenza sia in Europa sia oltreoceano e sono connaturate all’evolversi del sistema imprenditoriale. Il continuo tentativo di adeguamento delle norme in tema di indipendenza, attraverso la previsione di nuove regole, denota certamente la difficoltà di risolvere il problema attraverso strumenti normativi che, con lo sviluppo repentino del mercato, appaiono immediatamente, anche quelli più nuovi, inadeguati e superati. Ciò induce a verificare se, nel nostro ordinamento, all’adozione di nuove disposizioni, introdotte con il D.lgs. 39 del 2010, corrisponda il conseguimento di una effettiva garanzia di indipendenza dei revisori oppure se, nonostante i recenti e incisivi interventi legislativi, sussistano circostanze che, travalicando la sanzione stessa, rendano l’applicazione del principio di indipendenza oggettivamente impossibile. Escluso, dopo una prima analisi, che i meccanismi reputazionali possano da soli risolvere il problema dei conflitti di interesse e dell’indipendenza dei revisori, si volge l’attenzione all’attuale contesto normativo, considerando l’esistenza di tre ordini di problemi: a) sussistono ipotesi in cui le norme appaiono poco chiare o lacunose. Poiché la loro incisività dipende anche dalla chiarezza e dalla completezza del loro enunciato, i dubbi interpretativi non aiutano la loro corretta ed efficace applicazione. Una analisi attenta delle norme conduce a ritenere che le nuove disposizione lascino spazi più larghi di quanto non facessero le precedenti; b) può accadere che le norme siano chiamate ad operare in un contesto in cui la presenza di altri elementi le priva, nei fatti, della reale possibilità di risultare efficaci. E’ il caso delle disposizioni in tema di responsabilità civile dei revisori sulla cui efficacia deterrente si discute già da tempo; c) infine, può accadere che il revisore sia portatore di un interesse non finanziario che determina un comportamento di natura psicologica difficilmente regolabile dalla legge. In questo caso le norme possono non risultare sufficienti. Tale elemento segna la linea di demarcazione tra le possibili soluzioni normative, che potrebbero tendere ad attenuare i probabili conflitti di interesse, e l’impossibile realizzazione di una completa indipendenza. Alla luce delle considerazioni sviluppate, qualunque giudizio su normative miranti a risolvere o attenuare i conflitti idonei a minare l’indipendenza dell’attività di revisione deve muoversi tra rigore e realismo. Rigore nel tentare di non lasciare aperti spiragli al possibile consapevole coinvolgimento dei revisori in interessi che non siano quelli alla tutela dei quali la loro funzione è ispirata; realismo nel comprendere che nessuna legge può superare i conflitti di interesse la cui fonte è di carattere psicologico-comportamentale e non precipuamente finanziario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.