Il saggio si pone l’obiettivo di studiare la rappresentanza negli enti, con un’attenzione particolare rivolta pure agli enti pubblici, quindi di approfondire l’istituto della rappresentanza organica. Ciò alla luce del c.d. principio di tutela dell’affidamento del terzo che contratto con una persona giuridica. Considerata la funzione della immedesimazione organica e della rappresentanza degli enti, volte entrambe anche a tutelare il terzo che abbia rapporti con la persona giuridica, e analizzata la disciplina generale di tale ultimo istituto e le regole dettate specificamente per la rappresentanza degli enti (siano essi associazioni o società per azioni), ne è emersa la identità di fondamento e di disciplina, dunque la inutilità di una duplicazione concettuale. L’immedesimazione organica aveva quale scopo in origine la necessità di sopperire alla reputata assenza di capacità di agire degli enti. In seguito servì l’esigenza di garantire il terzo da disconoscimenti dell’attività svolta dall’ente. Nonostante il nobile fine, la teoria dell’immedesimazione organica è stata utilizzata per spiegare la non imputabilità del negozio alla pubblica amministrazione qualora si fosse verificato un vizio del procedimento amministrativo. Le pronunce giurisprudenziali riguardanti il difetto del potere rappresentativo del funzionario pubblico, viceversa, considerano interrotto il nesso di immedesimazione organica, perlomeno nell’attività contrattuale. Sembra piuttosto che l’unica particolarità che si verifica allorché stipula un ente, anziché una persona fisica, è data dalla assenza di due soggetti (persone fisiche) sui quali si producono gli effetti giuridici dell’attività posta in essere. Peculiarità che necessita sì di regole particolari, ma che non importa alcuna diminuzione dell’applicazione del principio dell’affidamento. Nessun problema è prospettabile, infatti, qualora si parte dalla considerazione del rapporto giuridico quale rapporto non tra soggetti (persone fisiche), ma tra situazioni giuridiche soggettive. Ciò rende un non problema l’assenza di due soggetti (persone fisiche). Dualità di soggetti che manca pure nell’ipotesi del contratto con se stesso (art. 1395 c.c.). Negli enti, pertanto, assume un peso notevole la scelta del rappresentante, la pubblicità dei poteri attribuiti al medesimo. Di conseguenza le relative responsabilità gravano sull’ente. Dimostrazione è data dall’introduzione della responsabilità amministrativa (non penale) delle persone giuridiche: è venuto meno uno degli argomenti principali utilizzati dai sostenitori della teoria della immedesimazione organica. Reputata inutile la creazione di un nuovo istituto giuridico e nel tentativo di ricostruire il fenomeno rappresentativo degli enti, si è suggerito di aver riguardo non soltanto alla disciplina generale indicata negli artt. 1387 ss. c.c., ma anche alle disposizioni rinvenibili in altre parti del codice, e in particolare di quelle degli artt. 19, 23, comma 2, 25, comma 2, 2298, 2377, comma 3, 2383, comma 7, 2384, comma 2, 2384-bis e 2391, comma 3, c.c., sì che ne emerge una normativa volta a garantire la massima tutela del terzo. I dubbi ed i problemi, allora, si concentrano sulla portata della regola contenuta all’art. 1393 c.c. (onere o facoltà del terzo di chiedere la giustificazione dei poteri del rappresentante). Al riguardo non viene fornita un’unica soluzione ermeneutica, valido per ogni fattispecie di rappresentanza, ma in relazione ai casi concreti e alle differenti tipologie di enti coinvolti. Così in una società per azioni, per propria natura volta a concludere il maggior numero di negozi al fine di conseguire il lucro, la tutela del terzo sarà massima e quindi la regola in oggetto avrà minima applicazione, indicando una semplice facoltà. All’estremo opposto vi sono, invece, le associazioni non riconosciute, laddove all’assenza del fine statutario del guadagno si aggiunge la mancanza di registri dai quali possano verificarsi i limiti ai poteri dei rappresentanti e, quindi, la fiducia del terzo sarà riposta anzitutto sulla persona e sulle capacità del rappresentante; per un trapasso delle medesime in capo all’ente sarà necessaria la giustificazione dei poteri. Solo in tal caso la disposizione indicata potrà essere qualificata quale onere.
Immedesimazione organica e rappresentanza negli enti
GALLI, MARCO
2004-01-01
Abstract
Il saggio si pone l’obiettivo di studiare la rappresentanza negli enti, con un’attenzione particolare rivolta pure agli enti pubblici, quindi di approfondire l’istituto della rappresentanza organica. Ciò alla luce del c.d. principio di tutela dell’affidamento del terzo che contratto con una persona giuridica. Considerata la funzione della immedesimazione organica e della rappresentanza degli enti, volte entrambe anche a tutelare il terzo che abbia rapporti con la persona giuridica, e analizzata la disciplina generale di tale ultimo istituto e le regole dettate specificamente per la rappresentanza degli enti (siano essi associazioni o società per azioni), ne è emersa la identità di fondamento e di disciplina, dunque la inutilità di una duplicazione concettuale. L’immedesimazione organica aveva quale scopo in origine la necessità di sopperire alla reputata assenza di capacità di agire degli enti. In seguito servì l’esigenza di garantire il terzo da disconoscimenti dell’attività svolta dall’ente. Nonostante il nobile fine, la teoria dell’immedesimazione organica è stata utilizzata per spiegare la non imputabilità del negozio alla pubblica amministrazione qualora si fosse verificato un vizio del procedimento amministrativo. Le pronunce giurisprudenziali riguardanti il difetto del potere rappresentativo del funzionario pubblico, viceversa, considerano interrotto il nesso di immedesimazione organica, perlomeno nell’attività contrattuale. Sembra piuttosto che l’unica particolarità che si verifica allorché stipula un ente, anziché una persona fisica, è data dalla assenza di due soggetti (persone fisiche) sui quali si producono gli effetti giuridici dell’attività posta in essere. Peculiarità che necessita sì di regole particolari, ma che non importa alcuna diminuzione dell’applicazione del principio dell’affidamento. Nessun problema è prospettabile, infatti, qualora si parte dalla considerazione del rapporto giuridico quale rapporto non tra soggetti (persone fisiche), ma tra situazioni giuridiche soggettive. Ciò rende un non problema l’assenza di due soggetti (persone fisiche). Dualità di soggetti che manca pure nell’ipotesi del contratto con se stesso (art. 1395 c.c.). Negli enti, pertanto, assume un peso notevole la scelta del rappresentante, la pubblicità dei poteri attribuiti al medesimo. Di conseguenza le relative responsabilità gravano sull’ente. Dimostrazione è data dall’introduzione della responsabilità amministrativa (non penale) delle persone giuridiche: è venuto meno uno degli argomenti principali utilizzati dai sostenitori della teoria della immedesimazione organica. Reputata inutile la creazione di un nuovo istituto giuridico e nel tentativo di ricostruire il fenomeno rappresentativo degli enti, si è suggerito di aver riguardo non soltanto alla disciplina generale indicata negli artt. 1387 ss. c.c., ma anche alle disposizioni rinvenibili in altre parti del codice, e in particolare di quelle degli artt. 19, 23, comma 2, 25, comma 2, 2298, 2377, comma 3, 2383, comma 7, 2384, comma 2, 2384-bis e 2391, comma 3, c.c., sì che ne emerge una normativa volta a garantire la massima tutela del terzo. I dubbi ed i problemi, allora, si concentrano sulla portata della regola contenuta all’art. 1393 c.c. (onere o facoltà del terzo di chiedere la giustificazione dei poteri del rappresentante). Al riguardo non viene fornita un’unica soluzione ermeneutica, valido per ogni fattispecie di rappresentanza, ma in relazione ai casi concreti e alle differenti tipologie di enti coinvolti. Così in una società per azioni, per propria natura volta a concludere il maggior numero di negozi al fine di conseguire il lucro, la tutela del terzo sarà massima e quindi la regola in oggetto avrà minima applicazione, indicando una semplice facoltà. All’estremo opposto vi sono, invece, le associazioni non riconosciute, laddove all’assenza del fine statutario del guadagno si aggiunge la mancanza di registri dai quali possano verificarsi i limiti ai poteri dei rappresentanti e, quindi, la fiducia del terzo sarà riposta anzitutto sulla persona e sulle capacità del rappresentante; per un trapasso delle medesime in capo all’ente sarà necessaria la giustificazione dei poteri. Solo in tal caso la disposizione indicata potrà essere qualificata quale onere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.