Il saggio si inserisce nella riflessione della dottrina sulla forma di governo regionale all'indomani delle novelle costituzionali del 1999 e del 2001. L'Autore dapprima ricostruisce il fondamento costituzionale del controllo consiliare sul Presidente della Giunta e sulla Giunta e, in seconda battuta, esamina i caratteri della disciplina del controllo consiliare contenuta negli statuti regionali e nei regolamenti consiliari di seconda generazione, dedicando una particolare attenzione ai settori del controllo consiliare che hanno ricevuto (o che avrebbero dovuto ricevere) impulso nel rinnovato quadro istituzionale: la verifica sull'attuazione del programma di governo; il controllo sulle nomine di competenza della Giunta; il controllo sulla conclusione degli atti pattizi ex art. 117, nono comma, cost.; il controllo sull'attuazione delle leggi e delle politiche regionali; le prerogative dell'opposizione. L'analisi svolta consente di formulare tre considerazioni conclusive: a) la maggioranza delle Regioni tende a ricalcare i meccanismi del controllo consiliare di tipo tradizionale, già contemplati dagli statuti del 1970, piuttosto che innovare le modalità di esercizio della funzione; b) pur in presenza di un generale riconoscimento di prerogative ad appannaggio delle minoranze consiliari non sono mature le condizioni politiche per introdurre un trattamento differenziato a favore della più grande minoranza; c) strumenti di controllo con finalità specifiche, pensati e disciplinati per raggiungere obiettivi (conoscitivi) circostanziati fanno timidamente il loro ingresso in alcune carte statutarie: le previsioni relative al controllo sulle nomine di competenza della Giunta risultano insoddisfacenti, mentre apprezzabili e innovative sono quelle riguardanti l'istituzioni di commissioni ad hoc in aree dallo spiccato contenuto tecnico e il controllo sull'attuazione delle leggi e la valutazione degli effetti delle politiche regionali.

Le procedure di controllo

ROSA, FRANCESCA
2009-01-01

Abstract

Il saggio si inserisce nella riflessione della dottrina sulla forma di governo regionale all'indomani delle novelle costituzionali del 1999 e del 2001. L'Autore dapprima ricostruisce il fondamento costituzionale del controllo consiliare sul Presidente della Giunta e sulla Giunta e, in seconda battuta, esamina i caratteri della disciplina del controllo consiliare contenuta negli statuti regionali e nei regolamenti consiliari di seconda generazione, dedicando una particolare attenzione ai settori del controllo consiliare che hanno ricevuto (o che avrebbero dovuto ricevere) impulso nel rinnovato quadro istituzionale: la verifica sull'attuazione del programma di governo; il controllo sulle nomine di competenza della Giunta; il controllo sulla conclusione degli atti pattizi ex art. 117, nono comma, cost.; il controllo sull'attuazione delle leggi e delle politiche regionali; le prerogative dell'opposizione. L'analisi svolta consente di formulare tre considerazioni conclusive: a) la maggioranza delle Regioni tende a ricalcare i meccanismi del controllo consiliare di tipo tradizionale, già contemplati dagli statuti del 1970, piuttosto che innovare le modalità di esercizio della funzione; b) pur in presenza di un generale riconoscimento di prerogative ad appannaggio delle minoranze consiliari non sono mature le condizioni politiche per introdurre un trattamento differenziato a favore della più grande minoranza; c) strumenti di controllo con finalità specifiche, pensati e disciplinati per raggiungere obiettivi (conoscitivi) circostanziati fanno timidamente il loro ingresso in alcune carte statutarie: le previsioni relative al controllo sulle nomine di competenza della Giunta risultano insoddisfacenti, mentre apprezzabili e innovative sono quelle riguardanti l'istituzioni di commissioni ad hoc in aree dallo spiccato contenuto tecnico e il controllo sull'attuazione delle leggi e la valutazione degli effetti delle politiche regionali.
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