Alla metà dell’VIII secolo il patrimonio dei duchi longobardi di Benevento era amplissimo; ne conosciamo piuttosto in dettaglio la tipologia e la distribuzione, con aree di maggiore e di minore densità sul territorio. Scopo di questo articolo è formulare un’ipotesi sulle forme di gestione delle terre dei duchi, mettendo a confronto i pochi indizi provenienti in proposito dalla documentazione scritta e i dati degli scavi di Faragola, nella Puglia settentrionale, compresa nell’alto medioevo all’interno di una grande proprietà ducale, il gaio Fecline. Faragola si configura come uno snodo funzionale, in una rete che collegava ambienti, livelli sociali e ambiti spaziali differenti: un centro di servizi e un hub di concentrazione delle derrate, che serviva e coordinava una proprietà estesa, disseminata di condome, le singole unità produttive testimoniate dalla documentazione scritta (anche nel gaio Fecline) e talvolta raccordate da curtes. Faragola era probabilmente una di queste corti. Ospitava alcune decine di famiglie; era centro direzionale di unità contadine disseminate sull’area circostante e residenti in alcuni dei siti individuati in corrispondenza di aree occupate in età tardoantica da ville, fattorie e vici; era centro di raccolta per beni destinati a essere in gran parte consumati altrove, ma anche luogo specializzato nella produzione di utensili. L’evidenza archeologica di cui disponiamo per Faragola e per la valle del Carapelle consente di superare alcuni limiti strutturali della documentazione scritta per il Mezzogiorno di VIII-IX secolo. A Faragola possiamo ‘vedere’ uno dei centri gestionali che i diplomi ducali si limitano a evocare, senza descriverli mai, cogliendone invece la complessità interna e l’alto grado di centralizzazione.

LA GESTIONE DEI BENI PUBBLICI NEL DUCATO DI BENEVENTO FRA ARCHEOLOGIA E FONTI SCRITTE

Maria Turchiano
2024-01-01

Abstract

Alla metà dell’VIII secolo il patrimonio dei duchi longobardi di Benevento era amplissimo; ne conosciamo piuttosto in dettaglio la tipologia e la distribuzione, con aree di maggiore e di minore densità sul territorio. Scopo di questo articolo è formulare un’ipotesi sulle forme di gestione delle terre dei duchi, mettendo a confronto i pochi indizi provenienti in proposito dalla documentazione scritta e i dati degli scavi di Faragola, nella Puglia settentrionale, compresa nell’alto medioevo all’interno di una grande proprietà ducale, il gaio Fecline. Faragola si configura come uno snodo funzionale, in una rete che collegava ambienti, livelli sociali e ambiti spaziali differenti: un centro di servizi e un hub di concentrazione delle derrate, che serviva e coordinava una proprietà estesa, disseminata di condome, le singole unità produttive testimoniate dalla documentazione scritta (anche nel gaio Fecline) e talvolta raccordate da curtes. Faragola era probabilmente una di queste corti. Ospitava alcune decine di famiglie; era centro direzionale di unità contadine disseminate sull’area circostante e residenti in alcuni dei siti individuati in corrispondenza di aree occupate in età tardoantica da ville, fattorie e vici; era centro di raccolta per beni destinati a essere in gran parte consumati altrove, ma anche luogo specializzato nella produzione di utensili. L’evidenza archeologica di cui disponiamo per Faragola e per la valle del Carapelle consente di superare alcuni limiti strutturali della documentazione scritta per il Mezzogiorno di VIII-IX secolo. A Faragola possiamo ‘vedere’ uno dei centri gestionali che i diplomi ducali si limitano a evocare, senza descriverli mai, cogliendone invece la complessità interna e l’alto grado di centralizzazione.
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