La tesi si articola in sei capitoli, cui si aggiungono due appendici e un apparato iconografico. Oggetto del primo capitolo è il tema del viaggio nel mondo antico: vi si analizzano numerose testimonianze letterarie, appartenenti soprattutto al mondo greco, senza tuttavia tralasciare la letteratura latina. Le fonti indicano chiaramente che sia i viaggi per mare che per terra serbavano una serie di pericoli non indifferenti, di cui i viaggiatori erano ben consapevoli, come possiamo immaginare che lo fosse anche Platone quando si indirizzò verso la Sicilia. Il capitolo si chiude con una esemplificazione di viaggiatori celebri del mondo antico. Il secondo capitolo si concentra su un particolare tipo di viaggiatori antichi, i filosofi. Nei loro bioi, il viaggio in terre lontane per perfezionare la formazione ricevuta in patria risulta essere un topos ricorrente. Essi, secondo la tradizione, non esitarono a partire “alla ricerca della σοφία” e ad abbandonare la loro patria affinché, mediante la θεωρία (o contemplatio, per dirla con Cicerone) di luoghi, uomini, costumi e usanze diversi, potessero soddisfare il loro desiderio di conoscenza. A questo tema viene dedicata anche la seconda appendice, nella quale sono studiate alcune figure di antichi filosofi a cui la tradizione attribuisce un viaggio in Egitto. Nel terzo capitolo si ricostruiscono i viaggi di Platone nel Mediterraneo e in Oriente. Distinguere quanto di vero o di falso ci sia nei resoconti biografici appare oggi pressoché impossibile, ma si è cercato comunque di distinguere nell’analisi facts and fictions. Nel quarto capitolo si offre una presentazione storico-biografica dei tre personaggi ‘coprotagonisti’ dei viaggi platonici siracusani, cioè Dionisio I, Dionisio II e Dione. Se ne desume un quadro generale della scena politica siracusana negli anni dal 388 al 360 a.C. Il quinto capitolo propone un commento della Settima Lettera. Occorre ricordare che nei dialoghi Platone non usa mai la prima persona né racconta mai di sé e della sua vita. Un’eccezione a questa regola è rappresentata proprio dall’epistolario, in particolare dalla VII lettera, che narra della giovinezza del filosofo e delle sue avventure in Sicilia, dove avrebbe compiuto tre viaggi. Il testo adottato per il commento è quello di Moore-Blunt (Leipzig, Teubner, 1985). Il commento è principalmente di tipo storico-letterario e filologico. L’epistola rappresenta un prezioso documento storico e biografico, poiché in essa Platone rivela la ragione dei suoi fallimenti e inoltre scrive una pagina unica di storia siciliana di quegli anni. L’ultimo capitolo tratta della questione dell’autenticità attraverso i secoli. L’epistola non aveva sollevato dubbi nell’antichità, tanto che lo stesso Cicerone ne cita un estratto (326 b-c ap. Tusc. V 35, 100). Com’è noto, già Christoph Meiners (1747-1810), nel 1783, e poi Karsten e Ast, decisero però di condannare l’intero epistolario platonico, compresa la lettera VII. Quale che, tuttavia, debba essere la soluzione dell’aporia, il documento rimane comunque di grandissimo interesse, anche se ancora oggi manca una prova decisiva a favore dell’una o dell’altra posizione.
Un pensatore in viaggio: Platone, Siracusa e la lettera VII. Questioni filosofiche, filologiche e storiche / Paoletti, Marina. - (2024). [10.14274/paoletti-marina_phd2024]
Un pensatore in viaggio: Platone, Siracusa e la lettera VII. Questioni filosofiche, filologiche e storiche
PAOLETTI, MARINA
2024-01-01
Abstract
La tesi si articola in sei capitoli, cui si aggiungono due appendici e un apparato iconografico. Oggetto del primo capitolo è il tema del viaggio nel mondo antico: vi si analizzano numerose testimonianze letterarie, appartenenti soprattutto al mondo greco, senza tuttavia tralasciare la letteratura latina. Le fonti indicano chiaramente che sia i viaggi per mare che per terra serbavano una serie di pericoli non indifferenti, di cui i viaggiatori erano ben consapevoli, come possiamo immaginare che lo fosse anche Platone quando si indirizzò verso la Sicilia. Il capitolo si chiude con una esemplificazione di viaggiatori celebri del mondo antico. Il secondo capitolo si concentra su un particolare tipo di viaggiatori antichi, i filosofi. Nei loro bioi, il viaggio in terre lontane per perfezionare la formazione ricevuta in patria risulta essere un topos ricorrente. Essi, secondo la tradizione, non esitarono a partire “alla ricerca della σοφία” e ad abbandonare la loro patria affinché, mediante la θεωρία (o contemplatio, per dirla con Cicerone) di luoghi, uomini, costumi e usanze diversi, potessero soddisfare il loro desiderio di conoscenza. A questo tema viene dedicata anche la seconda appendice, nella quale sono studiate alcune figure di antichi filosofi a cui la tradizione attribuisce un viaggio in Egitto. Nel terzo capitolo si ricostruiscono i viaggi di Platone nel Mediterraneo e in Oriente. Distinguere quanto di vero o di falso ci sia nei resoconti biografici appare oggi pressoché impossibile, ma si è cercato comunque di distinguere nell’analisi facts and fictions. Nel quarto capitolo si offre una presentazione storico-biografica dei tre personaggi ‘coprotagonisti’ dei viaggi platonici siracusani, cioè Dionisio I, Dionisio II e Dione. Se ne desume un quadro generale della scena politica siracusana negli anni dal 388 al 360 a.C. Il quinto capitolo propone un commento della Settima Lettera. Occorre ricordare che nei dialoghi Platone non usa mai la prima persona né racconta mai di sé e della sua vita. Un’eccezione a questa regola è rappresentata proprio dall’epistolario, in particolare dalla VII lettera, che narra della giovinezza del filosofo e delle sue avventure in Sicilia, dove avrebbe compiuto tre viaggi. Il testo adottato per il commento è quello di Moore-Blunt (Leipzig, Teubner, 1985). Il commento è principalmente di tipo storico-letterario e filologico. L’epistola rappresenta un prezioso documento storico e biografico, poiché in essa Platone rivela la ragione dei suoi fallimenti e inoltre scrive una pagina unica di storia siciliana di quegli anni. L’ultimo capitolo tratta della questione dell’autenticità attraverso i secoli. L’epistola non aveva sollevato dubbi nell’antichità, tanto che lo stesso Cicerone ne cita un estratto (326 b-c ap. Tusc. V 35, 100). Com’è noto, già Christoph Meiners (1747-1810), nel 1783, e poi Karsten e Ast, decisero però di condannare l’intero epistolario platonico, compresa la lettera VII. Quale che, tuttavia, debba essere la soluzione dell’aporia, il documento rimane comunque di grandissimo interesse, anche se ancora oggi manca una prova decisiva a favore dell’una o dell’altra posizione.File | Dimensione | Formato | |
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