Il lavoro intende approfondire la tecnica retorica dell’evidentia con cui Seneca raggiunge l’immediatezza espressiva delle arti figurative nella resa delle angustie psichiche di personaggi tragici come Medea. Attraverso le parole della nutrice (Med. 380-396), di Giasone (Med. 445-446) e del coro (Med. 849-869), infatti, Seneca fa scorrere sotto gli occhi dei lettori/ascoltatori - al pari di dipinti potenti - la maschera dell’ira incarnata da Medea. Grazie alla tradizione stoica, che gli forniva le coordinate concettuali per individuare - attraverso i segni esteriori del corpo - notae dell’animo, e la dottrina della fisiognomica, che gli metteva a disposizione un ricco corollario di questi segni indicatori, viene tracciata una precisa fenomenologia emozionale, con la figurazione della gestualità, delle espressioni e dei colori del volto della donna quali icastiche didascalie.
Il vultus furoris di Medea
A. Tedeschi
2022-01-01
Abstract
Il lavoro intende approfondire la tecnica retorica dell’evidentia con cui Seneca raggiunge l’immediatezza espressiva delle arti figurative nella resa delle angustie psichiche di personaggi tragici come Medea. Attraverso le parole della nutrice (Med. 380-396), di Giasone (Med. 445-446) e del coro (Med. 849-869), infatti, Seneca fa scorrere sotto gli occhi dei lettori/ascoltatori - al pari di dipinti potenti - la maschera dell’ira incarnata da Medea. Grazie alla tradizione stoica, che gli forniva le coordinate concettuali per individuare - attraverso i segni esteriori del corpo - notae dell’animo, e la dottrina della fisiognomica, che gli metteva a disposizione un ricco corollario di questi segni indicatori, viene tracciata una precisa fenomenologia emozionale, con la figurazione della gestualità, delle espressioni e dei colori del volto della donna quali icastiche didascalie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
