Il dramma del primo conflitto mondiale e lo sconvolgimento che ne fu inevitabile conseguenza, diedero maggiore impulso alle associazioni pacifiste che già dalla fine del secolo precedente si battevano per un mondo senza conflitti e per un un’educazione che infondesse nelle nuove generazioni uno spirito di solidarietà tra i popoli. Molta parte di una mentalità che incoraggiava pulsioni belliciste, era stata favorita, secondo alcune personalità di spicco del mondo intellettuale, dalla maniera in cui veniva insegnata la storia, manipolata a fini politici per orientare i giovani verso ideali nazionalistici funzionali alla costruzione di un’identità nazionale e culturale, segnata da un acceso nazionalismo e dalla retorica patriottica. Gli anni del primo dopoguerra si caratterizzavano per uno sviluppo internazionale della scolarizzazione elementare, che con le dovute differenze e le diffuse difficoltà, raccoglieva larga parte della popolazione infantile, attirando l’attenzione di chi, con scopi talvolta opposti, vi scorgeva una massa da modellare e piegare alle esigenze della politica. In questo contesto la didattica della storia sembrava particolarmente cruciale per la determinazione degli orientamenti delle generazioni a venire. Per questo motivo, i libri di storia furono oggetto di analisi e di critica più di altri testi scolastici. Il presente lavoro prova a dare conto delle iniziative sia nazionali che internazionali, riservando un’analisi più dettagliata alle attività e alle riflessioni sul tema, relative alla realtà italiana e quella norvegese, che presero avvio nell’immediato primo dopoguerra e che si svilupparono e intensificarono durante i due decenni successivi. Molti intellettuali si interrogarono e dibatterono sulla necessità di modificare i manuali e la didattica della storia, presentando una notevole varietà di teorie e di proposte, di cui abbiamo provato a proporre le principali. Interessante è stato osservare la molteplicità di aspetti coinvolti nella riflessione, che riguardano la sfera storica, pedagogica, psicologica, morale, metodologica e il tentativo di far dialogare queste istanze tra loro. Si è scelto di evidenziare maggiormente l’esperienza italiana e quella norvegese in quanto rappresentano, in questo contesto, due estremi opposti. Pur rispondendo entrambe alla necessità di dover costruire una propria identità nazionale attraverso la scuola, effettuarono scelte educative, specialmente rispetto al nazionalismo da trasmettere, contrapposte.

La revisione internazionale dei testi scolastici di storia tra le due guerre mondiali. I casi italiano e norvegese / Partouche, Beatrice. - (2021). [10.14274/partouche-beatrice_phd2021]

La revisione internazionale dei testi scolastici di storia tra le due guerre mondiali. I casi italiano e norvegese

PARTOUCHE, BEATRICE
2021-01-01

Abstract

Il dramma del primo conflitto mondiale e lo sconvolgimento che ne fu inevitabile conseguenza, diedero maggiore impulso alle associazioni pacifiste che già dalla fine del secolo precedente si battevano per un mondo senza conflitti e per un un’educazione che infondesse nelle nuove generazioni uno spirito di solidarietà tra i popoli. Molta parte di una mentalità che incoraggiava pulsioni belliciste, era stata favorita, secondo alcune personalità di spicco del mondo intellettuale, dalla maniera in cui veniva insegnata la storia, manipolata a fini politici per orientare i giovani verso ideali nazionalistici funzionali alla costruzione di un’identità nazionale e culturale, segnata da un acceso nazionalismo e dalla retorica patriottica. Gli anni del primo dopoguerra si caratterizzavano per uno sviluppo internazionale della scolarizzazione elementare, che con le dovute differenze e le diffuse difficoltà, raccoglieva larga parte della popolazione infantile, attirando l’attenzione di chi, con scopi talvolta opposti, vi scorgeva una massa da modellare e piegare alle esigenze della politica. In questo contesto la didattica della storia sembrava particolarmente cruciale per la determinazione degli orientamenti delle generazioni a venire. Per questo motivo, i libri di storia furono oggetto di analisi e di critica più di altri testi scolastici. Il presente lavoro prova a dare conto delle iniziative sia nazionali che internazionali, riservando un’analisi più dettagliata alle attività e alle riflessioni sul tema, relative alla realtà italiana e quella norvegese, che presero avvio nell’immediato primo dopoguerra e che si svilupparono e intensificarono durante i due decenni successivi. Molti intellettuali si interrogarono e dibatterono sulla necessità di modificare i manuali e la didattica della storia, presentando una notevole varietà di teorie e di proposte, di cui abbiamo provato a proporre le principali. Interessante è stato osservare la molteplicità di aspetti coinvolti nella riflessione, che riguardano la sfera storica, pedagogica, psicologica, morale, metodologica e il tentativo di far dialogare queste istanze tra loro. Si è scelto di evidenziare maggiormente l’esperienza italiana e quella norvegese in quanto rappresentano, in questo contesto, due estremi opposti. Pur rispondendo entrambe alla necessità di dover costruire una propria identità nazionale attraverso la scuola, effettuarono scelte educative, specialmente rispetto al nazionalismo da trasmettere, contrapposte.
2021
Didattica della storia, Gioacchino Volpe, Carnegie Endowment, Congress of Historical Sciences, Comitato internazionale di scineze storiche Halvdan Koht, Michel Lhéritier
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