L’actio utilis rescissa capitis deminutione viene concessa al creditore nel caso in cui il debitore o la debitrice, dopo aver posto in essere un’obbligazione nascente da contratto, abbiano subito una capitis deminutio minima, sulla base della finzione che la capitis deminutio in cui sono incorsi non sia mai avvenuta, e dunque grazie alla supposizione che non si sia verificato alcun mutamento del loro status: in tal modo il creditore riusciva a superare la inesistenza in capo al sottoposto di un vincolo obbligatorio che potesse tradursi in un oportere processuale. Detta finzione consente, come in tutti gli altri casi in cui opera, di disattendere il dato reale in ragione dell’aequitas. Ma Gaio qualifica l’azione oltre che ficticia, anche utilis: si deve allora tentare di comprendere, più in generale, il rapporto esistente tra le due categorie. Al riguardo, si potrebbe verosimilmente ipotizzare che non tutte le actiones utiles sono anche ficticiae, essendo le ficticiae solo una specie di quelle utiles; di contro, non indicando l’aggettivazione utilis una particolare costruzione formulare, si può invece affermare una possibile coincidenza tra le actiones ficticiae e quelle utiles. La problematica è stata collegata all’introduzione del concetto di naturalis obligatio: e questo perchè Ulpiano afferma che quei soggetti che subiscono una capitis deminutio manent obligati naturaliter per quelle cause che precedono la capitis deminutio stessa: accezione che si ritrova anche in altri casi di obbligazioni al loro sorgere pienamente coercibili, rimaste poi vitali a seguito di operare di cause civili di estinzione. In tal modo, l’obligatio naturalis che residua in modo affievolito dall’obligatio civilis, riuscendo a mantenere fermo il debito primario, diventa un ottimo supporto concettuale per la concessione al creditore dell’actio ficticia.

CONSIDERAZIONI IN TEMA DI ACTIO UTILIS RESCISSA CAPITIS DEMINUTIONE

D'AMATI, LAURA
2009-01-01

Abstract

L’actio utilis rescissa capitis deminutione viene concessa al creditore nel caso in cui il debitore o la debitrice, dopo aver posto in essere un’obbligazione nascente da contratto, abbiano subito una capitis deminutio minima, sulla base della finzione che la capitis deminutio in cui sono incorsi non sia mai avvenuta, e dunque grazie alla supposizione che non si sia verificato alcun mutamento del loro status: in tal modo il creditore riusciva a superare la inesistenza in capo al sottoposto di un vincolo obbligatorio che potesse tradursi in un oportere processuale. Detta finzione consente, come in tutti gli altri casi in cui opera, di disattendere il dato reale in ragione dell’aequitas. Ma Gaio qualifica l’azione oltre che ficticia, anche utilis: si deve allora tentare di comprendere, più in generale, il rapporto esistente tra le due categorie. Al riguardo, si potrebbe verosimilmente ipotizzare che non tutte le actiones utiles sono anche ficticiae, essendo le ficticiae solo una specie di quelle utiles; di contro, non indicando l’aggettivazione utilis una particolare costruzione formulare, si può invece affermare una possibile coincidenza tra le actiones ficticiae e quelle utiles. La problematica è stata collegata all’introduzione del concetto di naturalis obligatio: e questo perchè Ulpiano afferma che quei soggetti che subiscono una capitis deminutio manent obligati naturaliter per quelle cause che precedono la capitis deminutio stessa: accezione che si ritrova anche in altri casi di obbligazioni al loro sorgere pienamente coercibili, rimaste poi vitali a seguito di operare di cause civili di estinzione. In tal modo, l’obligatio naturalis che residua in modo affievolito dall’obligatio civilis, riuscendo a mantenere fermo il debito primario, diventa un ottimo supporto concettuale per la concessione al creditore dell’actio ficticia.
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