Collaudato instrumentum Regni d’antico regime, la paura del processo, che già il riformismo illuministico tentò di depotenziare concentrandosi soprattutto sulla tutela dell’innocente, fu combattuta dalla penalistica liberale italiana del secolo XIX come infausto residuo del dispotismo giudiziario. Alla luce dello Statuto e della codificazione del rito, gli studiosi ‘carrariani’ osteggiarono gli istituti che attentavano all’onorabilità degli onesti e violavano la santità della pace borghese. Rovesciando la prospettiva, la scuola positiva teorizzò la legittimità di strumenti processuali ‘neo-inquisitori’ in grado di assicurare un’efficiente difesa sociale, anche al costo di turbare temporaneamente la tranquillità dell’individuo. Nel Novecento, nonostante la prevalente insensibilità al tema denotata dall’indirizzo tecnico-giuridico, dapprima la psicologia giudiziaria di ascendenza tardo-positivistica e poi, soprattutto, la processualistica del secondo dopoguerra riportarono al centro del dibattito i timori nutriti dal cittadino, a prescindere dalle sue responsabilità, nei riguardi della macchina giudiziaria. Il recente transito al modello adversary non ha placato le ansie che anzi, a causa di fattori ‘sistemici’, risultano accresciute, specie lungo il crinale tra attività amministrativa e giurisdizione penale.

La paura del processo. Spunti nella penalistica italiana (secoli XVIII-XX)

MILETTI Marco Nicola
2019-01-01

Abstract

Collaudato instrumentum Regni d’antico regime, la paura del processo, che già il riformismo illuministico tentò di depotenziare concentrandosi soprattutto sulla tutela dell’innocente, fu combattuta dalla penalistica liberale italiana del secolo XIX come infausto residuo del dispotismo giudiziario. Alla luce dello Statuto e della codificazione del rito, gli studiosi ‘carrariani’ osteggiarono gli istituti che attentavano all’onorabilità degli onesti e violavano la santità della pace borghese. Rovesciando la prospettiva, la scuola positiva teorizzò la legittimità di strumenti processuali ‘neo-inquisitori’ in grado di assicurare un’efficiente difesa sociale, anche al costo di turbare temporaneamente la tranquillità dell’individuo. Nel Novecento, nonostante la prevalente insensibilità al tema denotata dall’indirizzo tecnico-giuridico, dapprima la psicologia giudiziaria di ascendenza tardo-positivistica e poi, soprattutto, la processualistica del secondo dopoguerra riportarono al centro del dibattito i timori nutriti dal cittadino, a prescindere dalle sue responsabilità, nei riguardi della macchina giudiziaria. Il recente transito al modello adversary non ha placato le ansie che anzi, a causa di fattori ‘sistemici’, risultano accresciute, specie lungo il crinale tra attività amministrativa e giurisdizione penale.
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