La cistinuria è una malattia autosomica recessiva, basata su un difetto di trasporto degli aminoacidi cistina, lisina, ornitina e arginina a livello del tubulo renale, con aumentata escrezione urinaria e formazione ricorrente di calcoli di cistina. La frequenza stimata è di un caso per 15.000-20.000 nati. È conseguente a mutazioni dei geni SLC3A1 (2p21) e/o SLC7A9 (19q13.11), che codificano per le subunità dei trasportatori transepiteliali degli aminoacidi bibasici, responsabili della cistinuria tipo A e di tipo B rispettivamente. La terapia della cistinuria è finalizzata a prevenire la formazione e la crescita dei calcoli, e si basa essenzialmente sull’idratazione, alcalinizzazione delle urine e su farmaci chelanti la cistina. Quando il trattamento medico risulta inefficace va considerata la terapia chirurgica. CASISTICA E METODI. Si ricoverava C.D., di sesso femminile e anni 8, per recente IVU e dolori in sede lombare bilateralmente. Una ecografia renale evidenziava calcolosi renale bilaterale (a sin. a stampo) e idronefrosi di II grado a dx. Riscontro di alcalosi metabolica ed ipocitraturia; si eseguiva dosaggio degli aminoacidi urinari: aumento di cistina (418 mmol/mol creat U), lisina ,arginina e ornitina. Iniziava terapia con citrato di potassio,antibiotico ed iperidratazione. Si eseguiva test genetico molecolare: mutazioni in eterozigosi composta nel gene SLC3A1. Nei genitori: mutazioni in eterozigosi a carico dello stesso gene. RISULTATI. Controlli successivi mostravano miglioramento clinico, con scomparsa della sintomatologia dolorosa; esami seriati evidenziavano alcalinizzazione delle urine, ma persistenza di elevati valori di cistina nelle urine, per cui iniziava terapia con Tiopronina. CONCLUSIONI. La malattia richiede uno stretto monitoraggio clinico, ecografico e laboratoristico; in caso di mancato miglioramento va valutata terapia con chelanti della cistina, non scevri da importanti effetti collaterali, o il ricorso alla terapia chirurgica se la gestione conservativa della malattia dovesse risultare inefficace.

UN CASO DI CISTINURIA

PETTOELLO MANTOVANI, MASSIMO;
2017-01-01

Abstract

La cistinuria è una malattia autosomica recessiva, basata su un difetto di trasporto degli aminoacidi cistina, lisina, ornitina e arginina a livello del tubulo renale, con aumentata escrezione urinaria e formazione ricorrente di calcoli di cistina. La frequenza stimata è di un caso per 15.000-20.000 nati. È conseguente a mutazioni dei geni SLC3A1 (2p21) e/o SLC7A9 (19q13.11), che codificano per le subunità dei trasportatori transepiteliali degli aminoacidi bibasici, responsabili della cistinuria tipo A e di tipo B rispettivamente. La terapia della cistinuria è finalizzata a prevenire la formazione e la crescita dei calcoli, e si basa essenzialmente sull’idratazione, alcalinizzazione delle urine e su farmaci chelanti la cistina. Quando il trattamento medico risulta inefficace va considerata la terapia chirurgica. CASISTICA E METODI. Si ricoverava C.D., di sesso femminile e anni 8, per recente IVU e dolori in sede lombare bilateralmente. Una ecografia renale evidenziava calcolosi renale bilaterale (a sin. a stampo) e idronefrosi di II grado a dx. Riscontro di alcalosi metabolica ed ipocitraturia; si eseguiva dosaggio degli aminoacidi urinari: aumento di cistina (418 mmol/mol creat U), lisina ,arginina e ornitina. Iniziava terapia con citrato di potassio,antibiotico ed iperidratazione. Si eseguiva test genetico molecolare: mutazioni in eterozigosi composta nel gene SLC3A1. Nei genitori: mutazioni in eterozigosi a carico dello stesso gene. RISULTATI. Controlli successivi mostravano miglioramento clinico, con scomparsa della sintomatologia dolorosa; esami seriati evidenziavano alcalinizzazione delle urine, ma persistenza di elevati valori di cistina nelle urine, per cui iniziava terapia con Tiopronina. CONCLUSIONI. La malattia richiede uno stretto monitoraggio clinico, ecografico e laboratoristico; in caso di mancato miglioramento va valutata terapia con chelanti della cistina, non scevri da importanti effetti collaterali, o il ricorso alla terapia chirurgica se la gestione conservativa della malattia dovesse risultare inefficace.
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