Del dolore si possono dare molte definizioni, ma tutte parziali e, perciò stesso, incomplete nel senso che pur riferendosi, ciascuna a dimensioni particolari, queste non esauriscono le domande. cos'è il dolore? da dove ha origine? Come lo si può prevenire, ridurre o eliminare? La prima distinzione che ci è data di fare è tra il dolore fisico legato alla materialità del corpo ed il dolore psicologico che può, certamente, essere associato al dolore fisico ma che si esprime in una molteplicità di vissuti esistenziali che derivano e coinvolgono il dolore dell'anima, ossia un dolore spesso crudele, che si estrinseca nella forma di tristezza, disperazione, disorientamento dell'essere e dell'esserci. Per quanto il nostro intento è quello di riferirsi in modo specifico al dolore fisico va da sè che esiste un evidente rapporto transitivo tra l'uno e l'altro. Più in particolare poi l'oggetto specifico è il dolore fisico associato a quelle particolari patologie che costringono all'ospedalizzazione. Qual'è la fenomenologia del dolore in contesti terapeutici spesso differenti da quelli familiari? Come si vivono le esperienze relazionali tra il malato e le figure professionali delle cure?. Si tratta di domande che rinviano alla lunga storia dei contesti dell'ospedalizzazione e di cui esiste un'approfondita descrizione di vissuti di marginalità, di pratiche di violenza fisica e psicologica nei confronti di pazienti bambini, adulti e anziani. Naturalmente nella storia ci sono state esemplari eccezioni ma, in generale, gli ospedali a cui spesso erano associati ospizi di mendicità e vecchiaia, orfanotrofi, brefotrofi si sono caratterizzate come istituzioni totali, di normativizzazione forzata a precisi modelli sociali e culturali di subordinazione e dominio. Di qui l'interesse oggi crescente per gli importanti cambiamenti che hanno comportato l'attenzione e la delineazione degli ospedali come luoghi di umanizzazione, ossia luoghi in cui prendere in carico la persona con la pluralità dei suoi modi di essere (dei suoi deficit e delle sue patologie) con la complessità del suo mondo interiore cui si intrecciano bisogni, desideri, aspirazioni e sogni. Processi di umanizzazione che rimandano ad uno sfondo più articolato relativo all'intera organizzazione degli spazi di vita ( colori e forme degli arredi, disposizione dei letti, illuminazione, spazi di lettura, attrezzature di gioco e tempo libero e tanto altro) e dei tempi (istituzionali, degli operatori medico-infermieristici, dei tempi personali dei pazienti) delle forme di relazione tra personale sanitario, paziente, famiglia, tra ospedale e istituzioni politiche sociali, culturali del territorio. A monte di tali trasformazioni di natura qualitativa sono intervenute importanti disposizioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, di volta in volta, ha affrontato la questione dei diritti del malato. Tutto ciò ha permesso di revisionare il concetto stesso di salute e di malattia. Ritornando al tema specifico del dolore, la nostra attenzione non poteva non prendere in considerazione la recente Legge 38/2010 (la cosiddetta Legge Fanelli) e più in particolare gli esiti di questa legge relativa agli interventi di analgesia per " l'Ospedale senza dolore". A questo punto dell'analisi ricognitiva e della proposta operativa ci siamo posti il problema della formazione del personale soprattutto degli operatori di supporto ad integrazione delle cure mediche, a cui la Legge Fanelli nell'articolo 5 comma 2 fa specifico riferimento: "Con accordo stipulato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della salute, sono individuate le figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l'età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali. Con il medesimo accordo sono altresì individuate le tipologie di strutture nelle quali le due reti si articolano a livello regionale, nonché le modalità per assicurare il coordinamento delle due reti a livello nazionale e regionale". Il lavoro di ricerca dopo aver trattato le tipologie del dolore da un punto di vista fisiologico e psicologico, etico filosofico, dopo aver analizzato documenti nazionali ed internazionali sulla definizione di dolore e di salute, traccia un' ipotesi di figura pedagogica da inserire nell'èquipe multidisciplinare delle terapie antalgiche, che sappia utilizzare la tecnica della mindfulness.

Ospedale senza dolore. Il dolore tra etica e cura pedagogica / Gambatesa, Maria. - (2016 Jun 13). [10.14274/UNIFG/FAIR/351654]

Ospedale senza dolore. Il dolore tra etica e cura pedagogica

GAMBATESA, MARIA
2016-06-13

Abstract

Del dolore si possono dare molte definizioni, ma tutte parziali e, perciò stesso, incomplete nel senso che pur riferendosi, ciascuna a dimensioni particolari, queste non esauriscono le domande. cos'è il dolore? da dove ha origine? Come lo si può prevenire, ridurre o eliminare? La prima distinzione che ci è data di fare è tra il dolore fisico legato alla materialità del corpo ed il dolore psicologico che può, certamente, essere associato al dolore fisico ma che si esprime in una molteplicità di vissuti esistenziali che derivano e coinvolgono il dolore dell'anima, ossia un dolore spesso crudele, che si estrinseca nella forma di tristezza, disperazione, disorientamento dell'essere e dell'esserci. Per quanto il nostro intento è quello di riferirsi in modo specifico al dolore fisico va da sè che esiste un evidente rapporto transitivo tra l'uno e l'altro. Più in particolare poi l'oggetto specifico è il dolore fisico associato a quelle particolari patologie che costringono all'ospedalizzazione. Qual'è la fenomenologia del dolore in contesti terapeutici spesso differenti da quelli familiari? Come si vivono le esperienze relazionali tra il malato e le figure professionali delle cure?. Si tratta di domande che rinviano alla lunga storia dei contesti dell'ospedalizzazione e di cui esiste un'approfondita descrizione di vissuti di marginalità, di pratiche di violenza fisica e psicologica nei confronti di pazienti bambini, adulti e anziani. Naturalmente nella storia ci sono state esemplari eccezioni ma, in generale, gli ospedali a cui spesso erano associati ospizi di mendicità e vecchiaia, orfanotrofi, brefotrofi si sono caratterizzate come istituzioni totali, di normativizzazione forzata a precisi modelli sociali e culturali di subordinazione e dominio. Di qui l'interesse oggi crescente per gli importanti cambiamenti che hanno comportato l'attenzione e la delineazione degli ospedali come luoghi di umanizzazione, ossia luoghi in cui prendere in carico la persona con la pluralità dei suoi modi di essere (dei suoi deficit e delle sue patologie) con la complessità del suo mondo interiore cui si intrecciano bisogni, desideri, aspirazioni e sogni. Processi di umanizzazione che rimandano ad uno sfondo più articolato relativo all'intera organizzazione degli spazi di vita ( colori e forme degli arredi, disposizione dei letti, illuminazione, spazi di lettura, attrezzature di gioco e tempo libero e tanto altro) e dei tempi (istituzionali, degli operatori medico-infermieristici, dei tempi personali dei pazienti) delle forme di relazione tra personale sanitario, paziente, famiglia, tra ospedale e istituzioni politiche sociali, culturali del territorio. A monte di tali trasformazioni di natura qualitativa sono intervenute importanti disposizioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, di volta in volta, ha affrontato la questione dei diritti del malato. Tutto ciò ha permesso di revisionare il concetto stesso di salute e di malattia. Ritornando al tema specifico del dolore, la nostra attenzione non poteva non prendere in considerazione la recente Legge 38/2010 (la cosiddetta Legge Fanelli) e più in particolare gli esiti di questa legge relativa agli interventi di analgesia per " l'Ospedale senza dolore". A questo punto dell'analisi ricognitiva e della proposta operativa ci siamo posti il problema della formazione del personale soprattutto degli operatori di supporto ad integrazione delle cure mediche, a cui la Legge Fanelli nell'articolo 5 comma 2 fa specifico riferimento: "Con accordo stipulato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della salute, sono individuate le figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l'età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali. Con il medesimo accordo sono altresì individuate le tipologie di strutture nelle quali le due reti si articolano a livello regionale, nonché le modalità per assicurare il coordinamento delle due reti a livello nazionale e regionale". Il lavoro di ricerca dopo aver trattato le tipologie del dolore da un punto di vista fisiologico e psicologico, etico filosofico, dopo aver analizzato documenti nazionali ed internazionali sulla definizione di dolore e di salute, traccia un' ipotesi di figura pedagogica da inserire nell'èquipe multidisciplinare delle terapie antalgiche, che sappia utilizzare la tecnica della mindfulness.
13-giu-2016
Dolore, pain, cura
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