Le codificazioni penali del primo Ottocento si proposero di archiviare l’inaccettabile pratica dei processi in effigie o ai cadaveri, macabro epilogo, per secoli, dei riti inquisitori. Tuttavia anche nel moderno scenario della ‘personalità’ della responsabilità penale non tutte le pendenze potevano ritenersi chiuse dalla morte dell’imputato o del condannato. In Francia gli esponenti dell’École de l’exégèse, districandosi in una non univoca giurisprudenza, elaborarono una fitta casistica delle questioni piú controverse: la trasmissibilità della pena pecuniaria, le sorti delle ammende fiscali, la scelta della sede giurisdizionale (penale o civile) presso la quale far valere eventuali pretese. Il dibattito si proiettò nella dottrina italiana. La penalistica liberale post-unitaria valorizzò l’azione civile quale strumento privilegiato – ed esperibile anche nei riguardi degli eredi – di risarcimento dei danni ex delicto: obiettivo, quest’ultimo, prioritario nei programmi di riforma della scuola positiva. Il codice Zanardelli promosse la ‘processualizzazione’ della morte dell’imputato e del condannato, ma il codice Rocco, adoperando la contestata locuzione morte del reo, ne affermò recisamente il carattere sostanziale. Nell’ordinamento italiano vigente l’istituto rappresenta tuttora la prima causa di estinzione del reato, ma rimangono irrisolti non pochi nodi processuali, quali il diritto dei congiunti ad ottenere un’assoluzione ‘di merito’ dell’imputato deceduto o la revisione del processo a favore dell’ingiustamente condannato.

Ultima linea rerum. La morte dell’imputato nel processo penale italiano tra Otto e Novecento

MILETTI, MARCO NICOLA
2016-01-01

Abstract

Le codificazioni penali del primo Ottocento si proposero di archiviare l’inaccettabile pratica dei processi in effigie o ai cadaveri, macabro epilogo, per secoli, dei riti inquisitori. Tuttavia anche nel moderno scenario della ‘personalità’ della responsabilità penale non tutte le pendenze potevano ritenersi chiuse dalla morte dell’imputato o del condannato. In Francia gli esponenti dell’École de l’exégèse, districandosi in una non univoca giurisprudenza, elaborarono una fitta casistica delle questioni piú controverse: la trasmissibilità della pena pecuniaria, le sorti delle ammende fiscali, la scelta della sede giurisdizionale (penale o civile) presso la quale far valere eventuali pretese. Il dibattito si proiettò nella dottrina italiana. La penalistica liberale post-unitaria valorizzò l’azione civile quale strumento privilegiato – ed esperibile anche nei riguardi degli eredi – di risarcimento dei danni ex delicto: obiettivo, quest’ultimo, prioritario nei programmi di riforma della scuola positiva. Il codice Zanardelli promosse la ‘processualizzazione’ della morte dell’imputato e del condannato, ma il codice Rocco, adoperando la contestata locuzione morte del reo, ne affermò recisamente il carattere sostanziale. Nell’ordinamento italiano vigente l’istituto rappresenta tuttora la prima causa di estinzione del reato, ma rimangono irrisolti non pochi nodi processuali, quali il diritto dei congiunti ad ottenere un’assoluzione ‘di merito’ dell’imputato deceduto o la revisione del processo a favore dell’ingiustamente condannato.
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