Il nostro ordinamento non prevede, com’è noto, una fattispecie che sanzioni il trattamento sanitario arbitrario, vale a dire realizzato in assenza di consenso. Per questo la dottrina e la giurisprudenza si sono, per lungo tempo, occupate della questione relativa alla rilevanza penale (o meno) di un intervento medico eseguito senza il consenso del paziente, oppure che vada oltre quanto consentito dal paziente. Le linee ricostruttive seguite sono state le più disparate, ma negli ultimi anni è sembrato che si potesse fissare un punto alla vicenda con l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione del 2008. In questa sentenza il supremo organo di legittimità ha stabilito che l’intervento eseguito scontro il volere del paziente assume penale rilevanza (non specificando però in quale fattispecie astratta sussumerlo), mentre il trattamento eseguito andando oltre i limiti del consenso, se ha un esito fausto (dunque con saldo finale per la salute del paziente), è reso non punibile da una “scriminante costituzionale” che discenderebbe dall’art. 32 Cost. Punto importante delle Sezioni Unite pare essere quello di escludere comunque la responsabilità per omicidio preterintenzionale nei casi di intervento eseguito, nel rispetto delle leges artis, oltre il consenso del paziente. Tali assunti però vengono criticati dall'A. dal momento che risultano difficilmente praticabili nella concreta prassi giudiziale. Una soluzione prospettata è quella di conferire alla nozione di malattia una lettura oggettivo-soggettiva, che cioè tenga conto anche della volontà del paziente, in modo da applicare le norme penali, in presenza di tutti gli altri presupposti, solo a significative divergenze rispetto all'intervento consentito.
Riflessioni sul trattamento sanitario arbitrario e la parabola del consenso informato: lo stato dell'arte
SALCUNI, GIANDOMENICO
2010-01-01
Abstract
Il nostro ordinamento non prevede, com’è noto, una fattispecie che sanzioni il trattamento sanitario arbitrario, vale a dire realizzato in assenza di consenso. Per questo la dottrina e la giurisprudenza si sono, per lungo tempo, occupate della questione relativa alla rilevanza penale (o meno) di un intervento medico eseguito senza il consenso del paziente, oppure che vada oltre quanto consentito dal paziente. Le linee ricostruttive seguite sono state le più disparate, ma negli ultimi anni è sembrato che si potesse fissare un punto alla vicenda con l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione del 2008. In questa sentenza il supremo organo di legittimità ha stabilito che l’intervento eseguito scontro il volere del paziente assume penale rilevanza (non specificando però in quale fattispecie astratta sussumerlo), mentre il trattamento eseguito andando oltre i limiti del consenso, se ha un esito fausto (dunque con saldo finale per la salute del paziente), è reso non punibile da una “scriminante costituzionale” che discenderebbe dall’art. 32 Cost. Punto importante delle Sezioni Unite pare essere quello di escludere comunque la responsabilità per omicidio preterintenzionale nei casi di intervento eseguito, nel rispetto delle leges artis, oltre il consenso del paziente. Tali assunti però vengono criticati dall'A. dal momento che risultano difficilmente praticabili nella concreta prassi giudiziale. Una soluzione prospettata è quella di conferire alla nozione di malattia una lettura oggettivo-soggettiva, che cioè tenga conto anche della volontà del paziente, in modo da applicare le norme penali, in presenza di tutti gli altri presupposti, solo a significative divergenze rispetto all'intervento consentito.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.