Il testo prova a valutare gli esiti delle rigenerazioni urbane attraverso la lente della comunità. Con specifico riferimento al concetto di bellezza ne considera l'utilizzo in relazione ad un presunto modello necessario/desiderabile. Proprio quest'ultimo determina una forma particolare di spettacolarizzazione che comporta una radicalizzazione della percezione dello spazio urbano come spazio quasi disumanizzato. A tal fine, assumendo i principio della gentrification in chiave paradigmatica, lo sviluppo del centro storico di Foggia viene valutato al fine di verificare quanto il concetto di "tragico urbano" sia declinato nelle scelte urbanistiche. Tali declinazioni producono effetti considerevoli nell'assetto della polis, ovvero, più specificatamente, nella possibilità di praticare la cittadinanza in maniera autentica e non spettacolarizzata. Il tema centrale di questo articolo ruota dunque intorno al rapporto tra sistemazione dello spazio urbano e condivisione di pratiche sociali. Si concentra quindi sulla possibilità di considerare gli effetti “allargati” della funzione della pianificazione urbanistica per attivare meccanismi di riconoscimento identitari. Questi sono estremamente importanti per assegnare valore etico e morale alla ricerca della bellezza come patrimonio e, diciamo pure, "bene comune". Quale strumento preferenziale attraverso il quale i metodi ed i processi selezionati per la gestione dello spazio diventano utili per il governo della res pubblica generalmente intesa, la bellezza può determinare il tragico urbano nel senso che può concretamente disegnare la città, dettando i modi, i tempi e gli stili di vita urbani in modo da non consentire allo sviluppo di trarre contenuti significativi per attivare pratiche di political engagement. Negli ultimi anni, la ricerca di un soddisfacente compromesso tra governo del territorio e diritti sociali urbani ha acquisito centralità nell’esperienza giuridica, come confermano i tanti programmi di tipo complesso che hanno provato a realizzare obiettivi d'interesse collettivo attraverso il miglioramento dell’assetto strutturale delle città, specialmente nei centri storici di molte citta del Sud Italia. Peraltro, sebbene molti degli interventi abbiano riguardato il recupero dei patrimoni storico-artistici, sovente hanno rivolto specifica attenzione al perseguimento di una funzione sociale connessa con miglioramenti di carattere economico. Di contro, l'interesse del legislatore al tema dell'equità, anche nell'ottica di arginare le conseguenze negative derivanti da un eccessivo sfruttamento di suolo urbano e da una sfrenata esposizione agli effetti della spettacolarizzazione consumistica, induce a riflettere sulla possibilità che lo strumento urbanistico abbia ancora molte potenzialità inespresse. Quasi il legislatore nel corso dell'ultimo decennio avesse acquisito contezza del pericolo, sembra infatti che si stia cominciando ad intendere la pianificazione urbanistica come un'attività propedeutica ad uno sviluppo del territorio organizzato secondo un orizzonte di ripartizione universalistica della qualità delle condizioni di vita.

La spettacolarizzazione come deformazione dell'umano e come origine del “tragico urbano”

FANIZZA, FIAMMETTA
2015-01-01

Abstract

Il testo prova a valutare gli esiti delle rigenerazioni urbane attraverso la lente della comunità. Con specifico riferimento al concetto di bellezza ne considera l'utilizzo in relazione ad un presunto modello necessario/desiderabile. Proprio quest'ultimo determina una forma particolare di spettacolarizzazione che comporta una radicalizzazione della percezione dello spazio urbano come spazio quasi disumanizzato. A tal fine, assumendo i principio della gentrification in chiave paradigmatica, lo sviluppo del centro storico di Foggia viene valutato al fine di verificare quanto il concetto di "tragico urbano" sia declinato nelle scelte urbanistiche. Tali declinazioni producono effetti considerevoli nell'assetto della polis, ovvero, più specificatamente, nella possibilità di praticare la cittadinanza in maniera autentica e non spettacolarizzata. Il tema centrale di questo articolo ruota dunque intorno al rapporto tra sistemazione dello spazio urbano e condivisione di pratiche sociali. Si concentra quindi sulla possibilità di considerare gli effetti “allargati” della funzione della pianificazione urbanistica per attivare meccanismi di riconoscimento identitari. Questi sono estremamente importanti per assegnare valore etico e morale alla ricerca della bellezza come patrimonio e, diciamo pure, "bene comune". Quale strumento preferenziale attraverso il quale i metodi ed i processi selezionati per la gestione dello spazio diventano utili per il governo della res pubblica generalmente intesa, la bellezza può determinare il tragico urbano nel senso che può concretamente disegnare la città, dettando i modi, i tempi e gli stili di vita urbani in modo da non consentire allo sviluppo di trarre contenuti significativi per attivare pratiche di political engagement. Negli ultimi anni, la ricerca di un soddisfacente compromesso tra governo del territorio e diritti sociali urbani ha acquisito centralità nell’esperienza giuridica, come confermano i tanti programmi di tipo complesso che hanno provato a realizzare obiettivi d'interesse collettivo attraverso il miglioramento dell’assetto strutturale delle città, specialmente nei centri storici di molte citta del Sud Italia. Peraltro, sebbene molti degli interventi abbiano riguardato il recupero dei patrimoni storico-artistici, sovente hanno rivolto specifica attenzione al perseguimento di una funzione sociale connessa con miglioramenti di carattere economico. Di contro, l'interesse del legislatore al tema dell'equità, anche nell'ottica di arginare le conseguenze negative derivanti da un eccessivo sfruttamento di suolo urbano e da una sfrenata esposizione agli effetti della spettacolarizzazione consumistica, induce a riflettere sulla possibilità che lo strumento urbanistico abbia ancora molte potenzialità inespresse. Quasi il legislatore nel corso dell'ultimo decennio avesse acquisito contezza del pericolo, sembra infatti che si stia cominciando ad intendere la pianificazione urbanistica come un'attività propedeutica ad uno sviluppo del territorio organizzato secondo un orizzonte di ripartizione universalistica della qualità delle condizioni di vita.
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