Nel 1971, ricordando tra la produzione scientifica di Charcot, una serie intitolata Iconographie Photographique, il Presidente della Cambridge University Society for Psychical Research, George Owen, ha ricordato che “come risultato delle comparazioni storiche effettuate da Charcot, si raccolsero attorno a lui – e alla Salpêtrière – una serie di storici della medicina interessati alle varie manifestazioni delle nevrosi, in linea con le diagnosi retrospettive delle descrizioni naïves riportate nella letteratura del meraviglioso”. Il punto di partenza del presente contributo è la figura di Bourneville, quindici anni più giovane di Charcot, spesso ricordato uomo straordinario nei rapporti con i colleghi, ma soprattutto uno degli scienziati presentati nel noto dipinto intitolato Brouillet, realizzato da Charcot stesso per illustrare un caso di isteria in un paziente seguito poi da Babinsky. Medico curante alla Bicêtre all’inizio della sua carriera, Bourneville entrò presto nello staff della Salpêtrière, dove fu uno degli autori della Iconografia e dove fu pioniere della fotografia medica, curando, tra l’altro, la rivista Revue des Hôpitaux photographique. Scrittore entusiasta e attento propagandista, Bourneville fu particolarmente attivo nell’opera di miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti negli ospedali e nei manicomi, cercando di sottrarre l’assistenza dei malati alla Chiesa, per riportarla tra le competenze dei Comuni o dello stato. Il naturale compimento del lavoro di Bourneville può essere rintracciato nella produzione fotografica realizzata nel ventennio 1870-1890 dal fotografo Paul Regnard: nell’immagine fissa delle fotografie, le crisi isteriche diventano rappresentative di una miriade di modi attraverso cui l’isteria si manifesta, dalla possessione demoniaca all’estasi spirituale, alla più evidente prova di erotismo. In queste fotografie, se si prescinde dalle finalità didattiche, che pure tendevano a “riempire” un contesto del tutto carente, quello della fotografia medica, è possibile scorgere in termini statici come i soggetti isterici fossero del tutto privi di visibilità e, soprattutto, di attenzione da parte della medicina ufficiale. Perché, dunque, tanta attenzione nel fotografare questi ammalati, in un periodo in cui la fotografia sembrava così poco efficace per fornire le informazioni sui pazienti stessi, informazioni che, di norma, continuavano a provenire dalle loro anamnesi? Charcot, come ricorda Ellenberger, “era anche l’uomo il cui sguardo scrutatore penetrava gli abissi del passato interpretando retrospettivamente le opere d’arte e dando moderne diagnosi neurologiche delle deformazioni ritratte dai pittori. Fondò un giornale, la Iconographie de la Salpêtrière, seguito poi dalla Nouvelle Iconographie de la Salpêtrière, che furono probabilmente le prime pubblicazioni periodiche che unirono arte e medicina. Charcot godette anche della fama di aver dato una spiegazione scientifica alla possessione demoniaca, la quale – egli riteneva – era una forma d’isteria. Egli interpretò anche tale condizione retrospettivamente nelle opere d’arte. Era noto per la sua collezione di rare opere antiche sulla stregoneria e sulla possessione; ne ristampò alcune in una serie di libri intitolati Biblioteca diabolica”. Alla luce, pertanto, delle recenti tendenze, particolarmente diffuse nei mezzi di comunicazione, di spettacolarizzare in diversi modi la medicina – dalle fiction ai programmi di intrattenimento su obesità, chirurgia estetica, patologie rare, ecc. – il presente saggio ricostruisce l’uso dell’arte, della fotografia e della medicina retrospettiva all’ospedale parigino Salpêtrière, un esempio del XIX secolo di uso didattico della “spettacolarizzazione del tragico”.

Spettacolarizzare per insegnare. Arte e medicina retrospettiva alla Salpêtrière

TRAETTA, LUIGI
2015-01-01

Abstract

Nel 1971, ricordando tra la produzione scientifica di Charcot, una serie intitolata Iconographie Photographique, il Presidente della Cambridge University Society for Psychical Research, George Owen, ha ricordato che “come risultato delle comparazioni storiche effettuate da Charcot, si raccolsero attorno a lui – e alla Salpêtrière – una serie di storici della medicina interessati alle varie manifestazioni delle nevrosi, in linea con le diagnosi retrospettive delle descrizioni naïves riportate nella letteratura del meraviglioso”. Il punto di partenza del presente contributo è la figura di Bourneville, quindici anni più giovane di Charcot, spesso ricordato uomo straordinario nei rapporti con i colleghi, ma soprattutto uno degli scienziati presentati nel noto dipinto intitolato Brouillet, realizzato da Charcot stesso per illustrare un caso di isteria in un paziente seguito poi da Babinsky. Medico curante alla Bicêtre all’inizio della sua carriera, Bourneville entrò presto nello staff della Salpêtrière, dove fu uno degli autori della Iconografia e dove fu pioniere della fotografia medica, curando, tra l’altro, la rivista Revue des Hôpitaux photographique. Scrittore entusiasta e attento propagandista, Bourneville fu particolarmente attivo nell’opera di miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti negli ospedali e nei manicomi, cercando di sottrarre l’assistenza dei malati alla Chiesa, per riportarla tra le competenze dei Comuni o dello stato. Il naturale compimento del lavoro di Bourneville può essere rintracciato nella produzione fotografica realizzata nel ventennio 1870-1890 dal fotografo Paul Regnard: nell’immagine fissa delle fotografie, le crisi isteriche diventano rappresentative di una miriade di modi attraverso cui l’isteria si manifesta, dalla possessione demoniaca all’estasi spirituale, alla più evidente prova di erotismo. In queste fotografie, se si prescinde dalle finalità didattiche, che pure tendevano a “riempire” un contesto del tutto carente, quello della fotografia medica, è possibile scorgere in termini statici come i soggetti isterici fossero del tutto privi di visibilità e, soprattutto, di attenzione da parte della medicina ufficiale. Perché, dunque, tanta attenzione nel fotografare questi ammalati, in un periodo in cui la fotografia sembrava così poco efficace per fornire le informazioni sui pazienti stessi, informazioni che, di norma, continuavano a provenire dalle loro anamnesi? Charcot, come ricorda Ellenberger, “era anche l’uomo il cui sguardo scrutatore penetrava gli abissi del passato interpretando retrospettivamente le opere d’arte e dando moderne diagnosi neurologiche delle deformazioni ritratte dai pittori. Fondò un giornale, la Iconographie de la Salpêtrière, seguito poi dalla Nouvelle Iconographie de la Salpêtrière, che furono probabilmente le prime pubblicazioni periodiche che unirono arte e medicina. Charcot godette anche della fama di aver dato una spiegazione scientifica alla possessione demoniaca, la quale – egli riteneva – era una forma d’isteria. Egli interpretò anche tale condizione retrospettivamente nelle opere d’arte. Era noto per la sua collezione di rare opere antiche sulla stregoneria e sulla possessione; ne ristampò alcune in una serie di libri intitolati Biblioteca diabolica”. Alla luce, pertanto, delle recenti tendenze, particolarmente diffuse nei mezzi di comunicazione, di spettacolarizzare in diversi modi la medicina – dalle fiction ai programmi di intrattenimento su obesità, chirurgia estetica, patologie rare, ecc. – il presente saggio ricostruisce l’uso dell’arte, della fotografia e della medicina retrospettiva all’ospedale parigino Salpêtrière, un esempio del XIX secolo di uso didattico della “spettacolarizzazione del tragico”.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11369/333681
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact