A seguito delle recenti e radicali trasformazioni economico-sociali, i Governi nazionali sono stati spinti ad intervenire in modo tempestivo ed incisivo, apportando innovativi cambiamenti anche ai testi legislativi vigenti laddove si è reso necessario modificare – in vario modo e con intensità diverse a seconda del tipo di sistema politico-amministrativo del proprio Paese (Pollitt, Bouckaert, 2011) – il framework entro cui la Pubblica Amministrazione (d’ora in poi P.A.) opera, ovverosia l’assetto politico e istituzionale che definisce le “regole del gioco”, unitamente alle norme che disciplinano il funzionamento della “macchina amministrativa”, nella prospettiva di introdurre i meccanismi operativi tipici delle imprese private, tra cui si citano i sistemi di pianificazione, programmazione e controllo, i sistemi di gestione del personale e i sistemi informativi contabili ed extra-contabili. In tal senso, il Legislatore italiano, da più di venti anni, sta tentando di riformare la P.A. (mediante il processo di “aziendalizzazione”), al fine di ottenere un sistema di aziende pubbliche in grado di operare all’insegna di criteri di efficacia, efficienza e trasparenza/pubblicità (Hood, 2001). Com’è noto, il processo riformatore è stato avviato in Italia con gli interventi normativi sulle Autonomie Locali (la L. n.142 del 1990), sul procedimento amministrativo (la Legge n.241 sempre del 1990) e con le novità sul Pubblico Impiego (D.Lgs. 29 del 1993). L’utilizzo di strumenti organizzativo-gestionali innovativi mutuati dall’esperienza delle imprese private, rappresenta l’output di un lungo e complesso processo riformatore che ha interessato la gestione e l’organizzazione nel comparto pubblico. Il presente lavoro di tesi è incentrato sul tema della performance della P.A. e, in particolare, degli Enti locali. Scendendo nel dettaglio, la research question verte sul grado di adeguamento (compliance) alla Riforma Brunetta dei documenti (output) del “ciclo di gestione” della performance redatti dagli Enti locali italiani. Nella literature review ci si sofferma sulle motivazioni e sui contenuti dei principali interventi legislativi diretti a modificare in maniera significativa i sistemi di programmazione e controllo delle amministrazioni pubbliche italiane per troppo tempo orientati da logiche burocratiche, tese a garantire la regolarità formale degli atti compiuti, ma inadeguati ad assicurare il “buon andamento” della P.A. sotto il profilo dell’economicità della spesa pubblica, dell’efficacia dell’azione collettiva e dell’innalzamento dei livelli di produttività del personale. Si è posta enfasi non solo sul “nuovo” concetto di performance, ma sono state introdotte innovazioni “organizzative” e di “metodo” che consentissero un migliore funzionamento dei sistemi di performance management, tenuto conto anche delle migliori esperienze di altri Paesi avanzati, primo fra tutti il Regno Unito. Si intende, in particolare, fare riferimento all’introduzione dell’allora Commissione indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle amministrazioni pubbliche-CIVIT (ora Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche-ANAC) sulla “falsariga” del National Audit Office (NAO); alla definizione dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) come nuovo soggetto deputato alla valutazione della performance all’interno delle singole amministrazioni; alla definizione delle fasi del “ciclo di gestione della performance”; all’identificazione delle caratteristiche che gli obiettivi devono possedere per poter essere considerati utili al processo decisionale; al concetto di performance organizzativa, ovverosia dell’Ente pubblico considerato nella sua interezza, e di performance individuale, da collegare necessariamente al primo; ai vari ambiti di analisi della performance organizzativa (impatti, strategie, qualità, efficienza, ecc.) e di quella individuale, ecc. Dopo un generale inquadramento dell’evoluzione normativa sul tema del performance management delle amministrazioni pubbliche italiane, nella rassegna della letteratura economico-aziendale, si procede alla presentazione ed interpretazione delle principali innovazioni apportate dalla c.d. “Riforma Brunetta”, facendo particolare attenzione alle norme applicabili alle amministrazioni locali, che attengono, tra gli altri, ai seguenti aspetti: i soggetti da coinvolgere nelle attività di misurazione e valutazione delle performance; i requisiti da rispettare nelle procedure di individuazione ed assegnazione degli obiettivi, di costruzione delle misure e di fissazione dei relativi target da raggiungere; la documentazione da predisporre e la strumentazione di supporto da utilizzare; i principi alla base della misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale. Nello specifico, si chiarisce in che modo gli Enti locali hanno declinato nei loro ordinamenti i principi ispiratori della riforma e si illustrano le modalità con le quali si è proceduto a recepire documenti quali “il Piano della Performance” e “la Relazione sulla Performance” previsti come obbligatori solo per talune amministrazioni pubbliche italiane (Ministeri, Enti Pubblici Istituzionali nazionali, ecc.). Tale analisi è stata condotta anche alla luce delle delibere emanate dall’ANAC (già CIVIT) sull’argomento, dal momento della sua istituzione, e delle linee-guida predisposte dall’ANCI. Inoltre, si evidenziano le principali problematiche in atto nelle amministrazioni comunali italiane con riferimento all’integrazione tra il ciclo di programmazione finanziaria e il ciclo della performance. In effetti, i ritardi “legalizzati” nell’approvazione dei documenti finanziari di previsione di certo non aiutano gli operatori della P.A. a programmare con serietà la gestione aziendale, con la conseguenza che l’avvio del ciclo di gestione della performance si realizza quando la chiusura dell’esercizio finanziario è alle porte e non resta che passare al redde rationem di quanto è stato (forse) prodotto. Sul piano empirico, la suddetta research question è stata esplorata su di un campione costituito da trenta Comuni capoluogo di provincia con popolazione superiore a 100.000 abitanti. Dall’universo statistico complessivo, sono stati estratti tali comuni, dal momento che hanno reso disponibile, nella sezione “Amministrazione Trasparente” del proprio sito istituzionale, il Piano della Performance o documenti assimilabili (PEG-PdP). In particolare, i documenti di programmazione, pubblicati nel corso dell’esercizio finanziario 2012 (Piani della Performance 2012-2014 o documenti analoghi del tipo PEGPdP), e quelli di rendicontazione a chiusura del ciclo di gestione della performance 2012 (Relazione sulla Performance 2012) pubblicati nell’anno successivo, sono stati analizzati tramite la content analysis. L’arco temporale, oggetto di indagine, abbraccia gli anni 2012-2013. Questa scelta metodologica si giustifica, a seguito della necessità di analizzare l’intero ciclo di gestione della performance: includendo nell’indagine, oltre la fase della programmazione, anche quella della rendicontazione. Sono state utilizzate le Relazioni sulla Performance 2012 che si sono rese disponibili durante il periodo di svolgimento delle attività di ricerca e, precisamente, fino al 31/12/2013. Non è stato possibile analizzare le Relazioni relative all’esercizio 2013, in quanto saranno disponibili nel corso del 2014. Dal punto di vista metodologico, il grado di adeguamento (compliance) alla Riforma Brunetta dei documenti (output) del “ciclo di gestione” della performance è stato misurato grazie ad un indicatore sintetico appositamente costruito, denominato Performance Index. Tale parametro si fonda su una serie di giudizi di valutazione in merito all’adeguatezza del Piano della Performance e della Relazione sulla Performance pubblicati (o di documenti analoghi). I risultati dell’indagine empirica consentono di formulare alcune proposte di miglioramento del ciclo di gestione della performance dei Comuni esaminati, sotto il profilo dei documenti che “incorporano” le misure di performance. A ben vedere, i Comuni “meno virtuosi”, ovverosia quelli che presentano livelli meno elevati del Performance Index, presentano specifiche caratteristiche, come ad esempio basso ricorso ad appositi indicatori di outcome, scarsa accessibilità dei documenti in parola, mancata indicazione dei valori target da conseguire, ecc. Si è provveduto, inoltre, a verificare l’esistenza di eventuali relazioni di associazione tra lo scoring del Performance Index e talune variabili organizzative/di contesto (relative ai singoli Enti) suggerite dalla letteratura economico-aziendale e manageriale. Dalle evidenze empiriche, emerge che l’istituzione degli Organismi Indipendenti di Valutazione da parte dei Comuni che hanno optato per tale soluzione non ha contribuito – almeno nei due anni osservati (2012-2013) del ciclo di gestione della performance – ad innalzare i livelli di compliance rispetto alle indicazioni della Riforma Brunetta e alle linee-guida emanate dalla CiVIT (ora ANAC). Infatti, la variabile in esame non appare statisticamente significativa. Per quanto attiene al fattore dimensionale, si registra che la dimensione aziendale (numero di abitanti) non sembra incidere sul Performance Index. Pertanto, i Comuni più grandi non presentano necessariamente livelli più elevanti di compliance. Ancora, occorre evidenziare che i livelli più elevati del Performance Index tendono a riscontrarsi nei Comuni dove si registra una maggiore presenza femminile tra i dipendenti. Anche il fattore geografico costituisce un elemento distintivo sotto il profilo dell’adeguamento ai principi e alle indicazioni della Riforma Brunetta, dal momento che i Comuni situati al Nord tendono a conformarsi meglio ai contenuti delle delibere CiVIT e, in particolare, a presentare documenti di programmazione e consuntivi coerenti tra loro. Da ultimo, in termini di prospettive future di ricerca, potrebbe risultare utile estendere l’indagine agli anni successivi, soprattutto nella prospettiva di verificare se il Performance Index migliora nel tempo. La problematica del performance management, purtroppo, è ancora del tutto nuova per numerose amministrazioni locali, sebbene si parli di efficacia e di efficienza, sin dagli inizi degli anni Novanta del secolo scorso (L. 142/90, D.Lgs. 29/93, D.Lgs. 77/95, D.Lgs. 289/99, ecc.). In altri termini, la diffusione di nuove logiche gestionali che pongono enfasi sui risultati richiede tempo, dal momento che è influenzata, tra l’altro, dai comportamenti delle persone che operano nelle singole amministrazioni, non solo a livello di tecno-struttura, ma anche (e soprattutto) nell’ambito degli organi di indirizzo politico-amministrativo. In effetti, la gestione della performance diventa efficace, nel momento in cui si riscontra la presenza di determinate “condizioni abilitanti”, tra cui il commitment politico e amministrativo.
La misurazione e la valutazione della performance organizzativa nelle Amministrazioni Pubbliche / Quaranta, Enzo. - (2014 Jul 22). [10.14274/UNIFG/FAIR/331789]
La misurazione e la valutazione della performance organizzativa nelle Amministrazioni Pubbliche
QUARANTA, ENZO
2014-07-22
Abstract
A seguito delle recenti e radicali trasformazioni economico-sociali, i Governi nazionali sono stati spinti ad intervenire in modo tempestivo ed incisivo, apportando innovativi cambiamenti anche ai testi legislativi vigenti laddove si è reso necessario modificare – in vario modo e con intensità diverse a seconda del tipo di sistema politico-amministrativo del proprio Paese (Pollitt, Bouckaert, 2011) – il framework entro cui la Pubblica Amministrazione (d’ora in poi P.A.) opera, ovverosia l’assetto politico e istituzionale che definisce le “regole del gioco”, unitamente alle norme che disciplinano il funzionamento della “macchina amministrativa”, nella prospettiva di introdurre i meccanismi operativi tipici delle imprese private, tra cui si citano i sistemi di pianificazione, programmazione e controllo, i sistemi di gestione del personale e i sistemi informativi contabili ed extra-contabili. In tal senso, il Legislatore italiano, da più di venti anni, sta tentando di riformare la P.A. (mediante il processo di “aziendalizzazione”), al fine di ottenere un sistema di aziende pubbliche in grado di operare all’insegna di criteri di efficacia, efficienza e trasparenza/pubblicità (Hood, 2001). Com’è noto, il processo riformatore è stato avviato in Italia con gli interventi normativi sulle Autonomie Locali (la L. n.142 del 1990), sul procedimento amministrativo (la Legge n.241 sempre del 1990) e con le novità sul Pubblico Impiego (D.Lgs. 29 del 1993). L’utilizzo di strumenti organizzativo-gestionali innovativi mutuati dall’esperienza delle imprese private, rappresenta l’output di un lungo e complesso processo riformatore che ha interessato la gestione e l’organizzazione nel comparto pubblico. Il presente lavoro di tesi è incentrato sul tema della performance della P.A. e, in particolare, degli Enti locali. Scendendo nel dettaglio, la research question verte sul grado di adeguamento (compliance) alla Riforma Brunetta dei documenti (output) del “ciclo di gestione” della performance redatti dagli Enti locali italiani. Nella literature review ci si sofferma sulle motivazioni e sui contenuti dei principali interventi legislativi diretti a modificare in maniera significativa i sistemi di programmazione e controllo delle amministrazioni pubbliche italiane per troppo tempo orientati da logiche burocratiche, tese a garantire la regolarità formale degli atti compiuti, ma inadeguati ad assicurare il “buon andamento” della P.A. sotto il profilo dell’economicità della spesa pubblica, dell’efficacia dell’azione collettiva e dell’innalzamento dei livelli di produttività del personale. Si è posta enfasi non solo sul “nuovo” concetto di performance, ma sono state introdotte innovazioni “organizzative” e di “metodo” che consentissero un migliore funzionamento dei sistemi di performance management, tenuto conto anche delle migliori esperienze di altri Paesi avanzati, primo fra tutti il Regno Unito. Si intende, in particolare, fare riferimento all’introduzione dell’allora Commissione indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle amministrazioni pubbliche-CIVIT (ora Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche-ANAC) sulla “falsariga” del National Audit Office (NAO); alla definizione dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) come nuovo soggetto deputato alla valutazione della performance all’interno delle singole amministrazioni; alla definizione delle fasi del “ciclo di gestione della performance”; all’identificazione delle caratteristiche che gli obiettivi devono possedere per poter essere considerati utili al processo decisionale; al concetto di performance organizzativa, ovverosia dell’Ente pubblico considerato nella sua interezza, e di performance individuale, da collegare necessariamente al primo; ai vari ambiti di analisi della performance organizzativa (impatti, strategie, qualità, efficienza, ecc.) e di quella individuale, ecc. Dopo un generale inquadramento dell’evoluzione normativa sul tema del performance management delle amministrazioni pubbliche italiane, nella rassegna della letteratura economico-aziendale, si procede alla presentazione ed interpretazione delle principali innovazioni apportate dalla c.d. “Riforma Brunetta”, facendo particolare attenzione alle norme applicabili alle amministrazioni locali, che attengono, tra gli altri, ai seguenti aspetti: i soggetti da coinvolgere nelle attività di misurazione e valutazione delle performance; i requisiti da rispettare nelle procedure di individuazione ed assegnazione degli obiettivi, di costruzione delle misure e di fissazione dei relativi target da raggiungere; la documentazione da predisporre e la strumentazione di supporto da utilizzare; i principi alla base della misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale. Nello specifico, si chiarisce in che modo gli Enti locali hanno declinato nei loro ordinamenti i principi ispiratori della riforma e si illustrano le modalità con le quali si è proceduto a recepire documenti quali “il Piano della Performance” e “la Relazione sulla Performance” previsti come obbligatori solo per talune amministrazioni pubbliche italiane (Ministeri, Enti Pubblici Istituzionali nazionali, ecc.). Tale analisi è stata condotta anche alla luce delle delibere emanate dall’ANAC (già CIVIT) sull’argomento, dal momento della sua istituzione, e delle linee-guida predisposte dall’ANCI. Inoltre, si evidenziano le principali problematiche in atto nelle amministrazioni comunali italiane con riferimento all’integrazione tra il ciclo di programmazione finanziaria e il ciclo della performance. In effetti, i ritardi “legalizzati” nell’approvazione dei documenti finanziari di previsione di certo non aiutano gli operatori della P.A. a programmare con serietà la gestione aziendale, con la conseguenza che l’avvio del ciclo di gestione della performance si realizza quando la chiusura dell’esercizio finanziario è alle porte e non resta che passare al redde rationem di quanto è stato (forse) prodotto. Sul piano empirico, la suddetta research question è stata esplorata su di un campione costituito da trenta Comuni capoluogo di provincia con popolazione superiore a 100.000 abitanti. Dall’universo statistico complessivo, sono stati estratti tali comuni, dal momento che hanno reso disponibile, nella sezione “Amministrazione Trasparente” del proprio sito istituzionale, il Piano della Performance o documenti assimilabili (PEG-PdP). In particolare, i documenti di programmazione, pubblicati nel corso dell’esercizio finanziario 2012 (Piani della Performance 2012-2014 o documenti analoghi del tipo PEGPdP), e quelli di rendicontazione a chiusura del ciclo di gestione della performance 2012 (Relazione sulla Performance 2012) pubblicati nell’anno successivo, sono stati analizzati tramite la content analysis. L’arco temporale, oggetto di indagine, abbraccia gli anni 2012-2013. Questa scelta metodologica si giustifica, a seguito della necessità di analizzare l’intero ciclo di gestione della performance: includendo nell’indagine, oltre la fase della programmazione, anche quella della rendicontazione. Sono state utilizzate le Relazioni sulla Performance 2012 che si sono rese disponibili durante il periodo di svolgimento delle attività di ricerca e, precisamente, fino al 31/12/2013. Non è stato possibile analizzare le Relazioni relative all’esercizio 2013, in quanto saranno disponibili nel corso del 2014. Dal punto di vista metodologico, il grado di adeguamento (compliance) alla Riforma Brunetta dei documenti (output) del “ciclo di gestione” della performance è stato misurato grazie ad un indicatore sintetico appositamente costruito, denominato Performance Index. Tale parametro si fonda su una serie di giudizi di valutazione in merito all’adeguatezza del Piano della Performance e della Relazione sulla Performance pubblicati (o di documenti analoghi). I risultati dell’indagine empirica consentono di formulare alcune proposte di miglioramento del ciclo di gestione della performance dei Comuni esaminati, sotto il profilo dei documenti che “incorporano” le misure di performance. A ben vedere, i Comuni “meno virtuosi”, ovverosia quelli che presentano livelli meno elevati del Performance Index, presentano specifiche caratteristiche, come ad esempio basso ricorso ad appositi indicatori di outcome, scarsa accessibilità dei documenti in parola, mancata indicazione dei valori target da conseguire, ecc. Si è provveduto, inoltre, a verificare l’esistenza di eventuali relazioni di associazione tra lo scoring del Performance Index e talune variabili organizzative/di contesto (relative ai singoli Enti) suggerite dalla letteratura economico-aziendale e manageriale. Dalle evidenze empiriche, emerge che l’istituzione degli Organismi Indipendenti di Valutazione da parte dei Comuni che hanno optato per tale soluzione non ha contribuito – almeno nei due anni osservati (2012-2013) del ciclo di gestione della performance – ad innalzare i livelli di compliance rispetto alle indicazioni della Riforma Brunetta e alle linee-guida emanate dalla CiVIT (ora ANAC). Infatti, la variabile in esame non appare statisticamente significativa. Per quanto attiene al fattore dimensionale, si registra che la dimensione aziendale (numero di abitanti) non sembra incidere sul Performance Index. Pertanto, i Comuni più grandi non presentano necessariamente livelli più elevanti di compliance. Ancora, occorre evidenziare che i livelli più elevati del Performance Index tendono a riscontrarsi nei Comuni dove si registra una maggiore presenza femminile tra i dipendenti. Anche il fattore geografico costituisce un elemento distintivo sotto il profilo dell’adeguamento ai principi e alle indicazioni della Riforma Brunetta, dal momento che i Comuni situati al Nord tendono a conformarsi meglio ai contenuti delle delibere CiVIT e, in particolare, a presentare documenti di programmazione e consuntivi coerenti tra loro. Da ultimo, in termini di prospettive future di ricerca, potrebbe risultare utile estendere l’indagine agli anni successivi, soprattutto nella prospettiva di verificare se il Performance Index migliora nel tempo. La problematica del performance management, purtroppo, è ancora del tutto nuova per numerose amministrazioni locali, sebbene si parli di efficacia e di efficienza, sin dagli inizi degli anni Novanta del secolo scorso (L. 142/90, D.Lgs. 29/93, D.Lgs. 77/95, D.Lgs. 289/99, ecc.). In altri termini, la diffusione di nuove logiche gestionali che pongono enfasi sui risultati richiede tempo, dal momento che è influenzata, tra l’altro, dai comportamenti delle persone che operano nelle singole amministrazioni, non solo a livello di tecno-struttura, ma anche (e soprattutto) nell’ambito degli organi di indirizzo politico-amministrativo. In effetti, la gestione della performance diventa efficace, nel momento in cui si riscontra la presenza di determinate “condizioni abilitanti”, tra cui il commitment politico e amministrativo.File | Dimensione | Formato | |
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