La legge n. 69 del 2009 costituisce il più recente approdo del processo di tutela e valorizzazione del bene “tempo” nello svolgimento dell’azione amministrativa. Al riguardo, assume fondamentale rilievo la disciplina dei termini del procedimento amministrativo, su cui l’art. 7 della legge n. 69/2009 interviene in modo significativo, riscrivendo interamente l’art. 2 della legge n. 241/1990. In particolare, la novella del 2009 riporta a trenta giorni il termine “ordinario” di conclusione dei procedimenti amministrativi, vale a dire il termine che le Amministrazioni sono tenute ad osservare in difetto di una diversa previsione. Il ripristino del suddetto termine è accompagnato dall’introduzione di un elemento di assoluta novità, consistente nell’imposizione di un limite preciso alla discrezionalità tradizionalmente attribuita a ciascuna P.A. nella definizione dei termini massimi per la conclusione dei rispettivi procedimenti. Infatti, l’attuale comma 3 dell’art. 2 legge n. 241/1990 stabilisce, in linea di principio, che, anche per i procedimenti autonomamente disciplinati a livello regolamentare dalle varie amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali, i relativi termini devono comunque essere non superiori a novanta giorni. Il riformatore del 2009, ha peraltro “rinunciato”, ancora una volta, a definire le conseguenze “procedimentali” del mancato rispetto dei termini massimi di conclusione dei procedimenti amministrativi (alla cui inosservanza non può tuttora ricollegarsi l’illegittimità del provvedimento adottato tardivamente). Sotto altro riguardo, la novella del 2009 ha comunque stabilito espressamente alcuni effetti che discendono dal ritardo dell’Amministrazione nella conclusione del procedimento, ricollegando al mancato rispetto dei termini fissati due ordini di “sanzioni”, che si producono sia sul piano interno che sul piano esterno alla P.A. (rispettivamente, in riferimento alla responsabilità dirigenziale e alla risarcibilità del c.d. danno da ritardo). La previsione di “sanzioni” per l’inutile decorso del tempo, potrà quindi offrire più di un argomento alla giurisprudenza per operare un revirement dell’indirizzo sinora nettamente dominante, che, come noto, nega tanto la decadenza della potestà amministrativa in caso di violazione dei termini del procedimento, quanto l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato.
La nuova disciplina dei termini procedimentali tra innovazioni evolutive e occasioni mancate
COLAVECCHIO, ANTONIO
2010-01-01
Abstract
La legge n. 69 del 2009 costituisce il più recente approdo del processo di tutela e valorizzazione del bene “tempo” nello svolgimento dell’azione amministrativa. Al riguardo, assume fondamentale rilievo la disciplina dei termini del procedimento amministrativo, su cui l’art. 7 della legge n. 69/2009 interviene in modo significativo, riscrivendo interamente l’art. 2 della legge n. 241/1990. In particolare, la novella del 2009 riporta a trenta giorni il termine “ordinario” di conclusione dei procedimenti amministrativi, vale a dire il termine che le Amministrazioni sono tenute ad osservare in difetto di una diversa previsione. Il ripristino del suddetto termine è accompagnato dall’introduzione di un elemento di assoluta novità, consistente nell’imposizione di un limite preciso alla discrezionalità tradizionalmente attribuita a ciascuna P.A. nella definizione dei termini massimi per la conclusione dei rispettivi procedimenti. Infatti, l’attuale comma 3 dell’art. 2 legge n. 241/1990 stabilisce, in linea di principio, che, anche per i procedimenti autonomamente disciplinati a livello regolamentare dalle varie amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali, i relativi termini devono comunque essere non superiori a novanta giorni. Il riformatore del 2009, ha peraltro “rinunciato”, ancora una volta, a definire le conseguenze “procedimentali” del mancato rispetto dei termini massimi di conclusione dei procedimenti amministrativi (alla cui inosservanza non può tuttora ricollegarsi l’illegittimità del provvedimento adottato tardivamente). Sotto altro riguardo, la novella del 2009 ha comunque stabilito espressamente alcuni effetti che discendono dal ritardo dell’Amministrazione nella conclusione del procedimento, ricollegando al mancato rispetto dei termini fissati due ordini di “sanzioni”, che si producono sia sul piano interno che sul piano esterno alla P.A. (rispettivamente, in riferimento alla responsabilità dirigenziale e alla risarcibilità del c.d. danno da ritardo). La previsione di “sanzioni” per l’inutile decorso del tempo, potrà quindi offrire più di un argomento alla giurisprudenza per operare un revirement dell’indirizzo sinora nettamente dominante, che, come noto, nega tanto la decadenza della potestà amministrativa in caso di violazione dei termini del procedimento, quanto l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.