La legislazione di derivazione comunitaria degli ultimi anni, in quanto connotata dalla massiccia introduzione nella disciplina dei contratti di una serie di disposizioni imperative e, dunque, dalla previsione di nullità testuali o altrimenti virtuali, si caratterizza per una forte rivalutazione dei poteri del giudice, anche officiosi. L’impatto delle nuove norme non è rivolto, però, solo ad assoggettare la libertà contrattuale a vincoli nuovi rispetto a quelli che tradizionalmente gravano sul contratto di diritto comune; talune di esse, infatti, incidono sul contenuto del contratto attribuendo al giudice un ruolo di controllo sostanziale, con la finalità di correggere gli elementi di “ingiustizia” o “squilibrio” anche economico che esso presenti. L’obiettivo è non solo la tutela del contraente debole ma, anche, il buon funzionamento del mercato unico. In tale contesto si colloca l’art. 7 del D.lgs 9.10.2002, n. 231, che non solo sancisce la nullità, dichiarabile anche d’ufficio, dell’accordo relativo alla data del pagamento e/o sulle conseguenze del ritardato pagamento che risulti gravemente iniquo in danno del creditore, ma consente al giudice di ricondurre ad equità il contenuto dell’accordo in questione. La norma di cui innanzi costituisce l’occasione per una più ampia riflessione sui limiti del potere perequativo del giudice e sui parametri cui egli deve attenersi nell’esercizio del potere in oggetto alla luce della vigente normativa.

Considerazioni sui poteri officiosi del giudice nella riconduzione ad equità dei termini economici del contratto

MONTICELLI, SALVATORE
2006-01-01

Abstract

La legislazione di derivazione comunitaria degli ultimi anni, in quanto connotata dalla massiccia introduzione nella disciplina dei contratti di una serie di disposizioni imperative e, dunque, dalla previsione di nullità testuali o altrimenti virtuali, si caratterizza per una forte rivalutazione dei poteri del giudice, anche officiosi. L’impatto delle nuove norme non è rivolto, però, solo ad assoggettare la libertà contrattuale a vincoli nuovi rispetto a quelli che tradizionalmente gravano sul contratto di diritto comune; talune di esse, infatti, incidono sul contenuto del contratto attribuendo al giudice un ruolo di controllo sostanziale, con la finalità di correggere gli elementi di “ingiustizia” o “squilibrio” anche economico che esso presenti. L’obiettivo è non solo la tutela del contraente debole ma, anche, il buon funzionamento del mercato unico. In tale contesto si colloca l’art. 7 del D.lgs 9.10.2002, n. 231, che non solo sancisce la nullità, dichiarabile anche d’ufficio, dell’accordo relativo alla data del pagamento e/o sulle conseguenze del ritardato pagamento che risulti gravemente iniquo in danno del creditore, ma consente al giudice di ricondurre ad equità il contenuto dell’accordo in questione. La norma di cui innanzi costituisce l’occasione per una più ampia riflessione sui limiti del potere perequativo del giudice e sui parametri cui egli deve attenersi nell’esercizio del potere in oggetto alla luce della vigente normativa.
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