L’articolo analizza l’evoluzione dottrinale, giurisprudenziale e infine legislativa della disciplina degli effetti sul processo civile della cancellazione di società dal registro delle imprese, proponendo una soluzione per ridurre le conseguenze pregiudizievoli per le parti. In particolare, a fronte della novella dell’art. 2495, comma 2°, c.c., intervenuta con l’art. 4 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, si è riconosciuta natura costitutiva alla cancellazione di una società dal registro delle imprese, sicché essa determina l’estinzione della società medesima. In giurisprudenza è conseguentemente sorto un contrasto sulle sorti del processo pendente al momento della cancellazione, composto da un complesso di pronunce della Suprema corte a Sezioni unite, intervenute nel 2010 (22 febbraio 2010, nn. 4060-4062) e nel 2012 (12 marzo 2013, nn. 6070-6072): nonostante sia un atto volontario, la cancellazione della società è stata equiparata alla morte della persona fisica, con conseguente successione a titolo universale dei soci a prescindere dalla effettiva attribuzione di una somma in sede di liquidazione, i quali rispondono nei limiti di quella che era la loro responsabilità patrimoniale mentre la società era in vita. Tale soluzione è suscettibile di determinare conseguenze disastrose sulla effettività e ragionevole durata dei processi in corso, a causa della possibile chiusura in rito delle liti pendenti nei confronti della società ovvero della configurazione del litisconsorzio necessario tra gli innumerevoli soci della società estinta. Al fine di ovviare a tali possibili pregiudizi conseguenti ad una precisa scelta della società nella persona del suo liquidatore, si è proposta l’adozione di una fictio iuris sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 10 l. fall. In tal modo, la società ormai estinta pro futuro deve ritenersi esistenti ai soli fini del processo pendente al momento della cancellazione, consentendo alla parte che non abbia dato corso all’evento di proseguire il processo e ottenere una pronuncia con efficacia di giudicato nei confronti dell’ente collettivo.

Gli effetti processuali della cancellazione di società dal registro delle imprese

LONGO, DANIELA
2013-01-01

Abstract

L’articolo analizza l’evoluzione dottrinale, giurisprudenziale e infine legislativa della disciplina degli effetti sul processo civile della cancellazione di società dal registro delle imprese, proponendo una soluzione per ridurre le conseguenze pregiudizievoli per le parti. In particolare, a fronte della novella dell’art. 2495, comma 2°, c.c., intervenuta con l’art. 4 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, si è riconosciuta natura costitutiva alla cancellazione di una società dal registro delle imprese, sicché essa determina l’estinzione della società medesima. In giurisprudenza è conseguentemente sorto un contrasto sulle sorti del processo pendente al momento della cancellazione, composto da un complesso di pronunce della Suprema corte a Sezioni unite, intervenute nel 2010 (22 febbraio 2010, nn. 4060-4062) e nel 2012 (12 marzo 2013, nn. 6070-6072): nonostante sia un atto volontario, la cancellazione della società è stata equiparata alla morte della persona fisica, con conseguente successione a titolo universale dei soci a prescindere dalla effettiva attribuzione di una somma in sede di liquidazione, i quali rispondono nei limiti di quella che era la loro responsabilità patrimoniale mentre la società era in vita. Tale soluzione è suscettibile di determinare conseguenze disastrose sulla effettività e ragionevole durata dei processi in corso, a causa della possibile chiusura in rito delle liti pendenti nei confronti della società ovvero della configurazione del litisconsorzio necessario tra gli innumerevoli soci della società estinta. Al fine di ovviare a tali possibili pregiudizi conseguenti ad una precisa scelta della società nella persona del suo liquidatore, si è proposta l’adozione di una fictio iuris sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 10 l. fall. In tal modo, la società ormai estinta pro futuro deve ritenersi esistenti ai soli fini del processo pendente al momento della cancellazione, consentendo alla parte che non abbia dato corso all’evento di proseguire il processo e ottenere una pronuncia con efficacia di giudicato nei confronti dell’ente collettivo.
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