Lo studio concerne la disciplina della durata dei patti parasociali, nel rapporto dialettico tra autonomia privata e autorità che emerge dalla sottrazione ai paciscenti della libertà di vincolarsi per periodi di tempo più lunghi di quelli previsti dagli artt. 123, t.u.f., e 2341-bis, cod civ. Partendo dalla premessa che la fissazione di termini massimi e inderogabili di durata dei rapporti giuridici è soluzione eccezionale, che riflette esigenze di tutela di interessi costituzionalmente protetti, si afferma che le limitazioni poste dalle norme in esame in tanto possono ritenersi giustificate, in quanto preordinate alla tutela di interessi generali ovvero individuali e protetti dalla legge fondamentale. Si passa, quindi, a verificare se la disciplina in esame possa considerarsi coerente con questo paradigma, e, poste alcune precisazioni di vertice sull’ampiezza e sui confini della classe dei patti a tempo indeterminato, si perviene alla conclusione affermativa. La disciplina della durata sembra, infatti, preordinata a consentire periodicamente, nelle società non quotate controllate in forza di patti parasociali tendenzialmente stabili (perché conclusi a tempo determinato), un nuovo giudizio dei soci estranei al patto sulla opportunità di mantenere l’investimento o di disinvestire. È, allora, a tutela dell’interesse di tali soci al disinvestimento che la fissazione ex art. 2341-bis, cod. civ., di momenti inderogabili di soluzione di continuità del controllo deve ritenersi preordinata. Questa considerazione, ponendo in risalto la particolare rilevanza dell’interesse tutelato, in quanto si puntualizzi sul risparmio, sembra fornire uno spunto al fine della giustificazione, sotto il profilo prima posto in luce, del vincolo posto all’autonomia privata in punto di determinazione della durata del rapporto parasociale. Si osserva in conclusione che l’interesse al disinvestimento – o, se si vuole, alla libertà di mobilizzazione dell’investimento – deve essere tutelato anche nei confronti dei soci partecipanti al patto, per la sua importanza primaria in un mercato che si voglia dinamico e dove la libertà di iniziativa si voglia effettivamente tale.

Durata dei patti parasociali e limiti all’autonomia privata

SAMBUCCI, LEOPOLDO
2008-01-01

Abstract

Lo studio concerne la disciplina della durata dei patti parasociali, nel rapporto dialettico tra autonomia privata e autorità che emerge dalla sottrazione ai paciscenti della libertà di vincolarsi per periodi di tempo più lunghi di quelli previsti dagli artt. 123, t.u.f., e 2341-bis, cod civ. Partendo dalla premessa che la fissazione di termini massimi e inderogabili di durata dei rapporti giuridici è soluzione eccezionale, che riflette esigenze di tutela di interessi costituzionalmente protetti, si afferma che le limitazioni poste dalle norme in esame in tanto possono ritenersi giustificate, in quanto preordinate alla tutela di interessi generali ovvero individuali e protetti dalla legge fondamentale. Si passa, quindi, a verificare se la disciplina in esame possa considerarsi coerente con questo paradigma, e, poste alcune precisazioni di vertice sull’ampiezza e sui confini della classe dei patti a tempo indeterminato, si perviene alla conclusione affermativa. La disciplina della durata sembra, infatti, preordinata a consentire periodicamente, nelle società non quotate controllate in forza di patti parasociali tendenzialmente stabili (perché conclusi a tempo determinato), un nuovo giudizio dei soci estranei al patto sulla opportunità di mantenere l’investimento o di disinvestire. È, allora, a tutela dell’interesse di tali soci al disinvestimento che la fissazione ex art. 2341-bis, cod. civ., di momenti inderogabili di soluzione di continuità del controllo deve ritenersi preordinata. Questa considerazione, ponendo in risalto la particolare rilevanza dell’interesse tutelato, in quanto si puntualizzi sul risparmio, sembra fornire uno spunto al fine della giustificazione, sotto il profilo prima posto in luce, del vincolo posto all’autonomia privata in punto di determinazione della durata del rapporto parasociale. Si osserva in conclusione che l’interesse al disinvestimento – o, se si vuole, alla libertà di mobilizzazione dell’investimento – deve essere tutelato anche nei confronti dei soci partecipanti al patto, per la sua importanza primaria in un mercato che si voglia dinamico e dove la libertà di iniziativa si voglia effettivamente tale.
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