«I fili scarlatti del delitto si aggrovigliano nella matassa incolore della vita», afferma Sherlock Holmes, il primo e più celebre degli investigatori nati dalla penna di uno scrittore. Cos’è cambiato in poco più di un secolo nel campo delle investigazioni scientifiche? Qual è la loro rilevanza probatoria nell’economia del processo penale? In che misura hanno inciso sulla qualità del sapere giuridico processuale? Il metodo investigativo, a fronte dell’indiscusso progresso tecnico-scientifico, non sembra essere stato stravolto nei suoi pilastri essenziali, la scienza al servizio del processo non comporta di per sé il raggiungimento di risultati infallibili ma, tutt’al più, di certezze provvisorie: lo scienziato forense, come tutti gli scienziati, non è "onnipotente" e le sue conclusioni devono comunque passare al vaglio dell’autorità giudiziaria, secondo le consuete regole legislative. Fondamentale, nell’esame della scena del crimine, è che l’individuazione, la repertazione, l’assicurazione e la custodia delle tracce del reato avvenga seguendo protocolli adeguati e condivisi, e che l’intervento degli esperti obbedisca ad un’etica processuale in grado di assicurare risultati affidabili sotto il profilo cognitivo, resistenti alle insidie della junk science. Resta valida, a tre secoli di distanza, l’affermazione di John Locke secondo cui «tutti gli uomini sono soggetti all’errore: e molti uomini ne sono, in molti aspetti, esposti alla tentazione, per passione o per interesse». Nessuna preclusione, insomma, nei confronti dell’utilizzo della scienza nel processo penale, a patto che non se ne enfatizzi la portata e che venga adoperata con estrema cautela, senza indulgere in ‘pigrizie investigative’e tenendo conto delle evidenti lacune e contraddizioni normative che richiederebbero una riconsiderazione complessiva dello scenario legislativo al fine di delineare una compiuta disciplina di settore, in linea con le più avanzate esperienze giuridiche di civil law e di common law in materia.

Investigazioni scientifiche, verità processuale ed etica degli esperti

LORUSSO, SERGIO
2010-01-01

Abstract

«I fili scarlatti del delitto si aggrovigliano nella matassa incolore della vita», afferma Sherlock Holmes, il primo e più celebre degli investigatori nati dalla penna di uno scrittore. Cos’è cambiato in poco più di un secolo nel campo delle investigazioni scientifiche? Qual è la loro rilevanza probatoria nell’economia del processo penale? In che misura hanno inciso sulla qualità del sapere giuridico processuale? Il metodo investigativo, a fronte dell’indiscusso progresso tecnico-scientifico, non sembra essere stato stravolto nei suoi pilastri essenziali, la scienza al servizio del processo non comporta di per sé il raggiungimento di risultati infallibili ma, tutt’al più, di certezze provvisorie: lo scienziato forense, come tutti gli scienziati, non è "onnipotente" e le sue conclusioni devono comunque passare al vaglio dell’autorità giudiziaria, secondo le consuete regole legislative. Fondamentale, nell’esame della scena del crimine, è che l’individuazione, la repertazione, l’assicurazione e la custodia delle tracce del reato avvenga seguendo protocolli adeguati e condivisi, e che l’intervento degli esperti obbedisca ad un’etica processuale in grado di assicurare risultati affidabili sotto il profilo cognitivo, resistenti alle insidie della junk science. Resta valida, a tre secoli di distanza, l’affermazione di John Locke secondo cui «tutti gli uomini sono soggetti all’errore: e molti uomini ne sono, in molti aspetti, esposti alla tentazione, per passione o per interesse». Nessuna preclusione, insomma, nei confronti dell’utilizzo della scienza nel processo penale, a patto che non se ne enfatizzi la portata e che venga adoperata con estrema cautela, senza indulgere in ‘pigrizie investigative’e tenendo conto delle evidenti lacune e contraddizioni normative che richiederebbero una riconsiderazione complessiva dello scenario legislativo al fine di delineare una compiuta disciplina di settore, in linea con le più avanzate esperienze giuridiche di civil law e di common law in materia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11369/17789
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