Clarice Gouzy Tartufari è un’autrice su cui oggi sembra calato il sipario dell’oblio, se si escludono sporadiche pubblicazioni quali il volume "Clarice Tartufari. Una scrittrice dimenticata. Lettere a Bonaventura Tecchi", curato da Luciana Vergaro (Juppiter, 2021). Eppure Tartufari aveva riscosso apprezzamenti non irrilevanti da parte della critica a lei contemporanea; Benedetto Croce la definì “temperamento assai più robusto, sguardo più ampio e un sentire più vigoroso e compatto” rispetto a Grazia Deledda («La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 37, 1939, pp. 12-23); Giovanni Boine, in "Plausi e botte", pur esprimendo riserve sul genere, definì "All’uscita dal labirinto" “un ottimo romanzo”. Il contributo mira a ricostruire alcuni snodi della produzione dell’autrice, evidenziando l’influsso di modelli (in particolar modo quello verghiano e balzachiano, ma con squarci lirici spesso di sapore leopardiano), l’aderenza alle tematiche e ai dibattiti tipici della letteratura tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Emergono il contrasto tra i giovani e le generazioni di veci insensai che hanno fatto l’Italia (Eterne leggi), le ansie di rinnovamento religioso di cui fu portavoce il modernismo (Il mare e la vela), il potere ferino della sensualità (Roveto ardente), il vulnus della guerra e del germe dell’odio, accanto alla sudditanza e al richiamo del danaro (Il dio nero). In una scrittura tuttora non priva di fascino coesistono una matrice ragionativa sul significato dell’esistere umano e una tutt’altro che disprezzabile “capacità dell'autrice di osservare e determinare nei loro tratti caratteristici gli ambienti sociali e familiari” (Croce).
Clarice Tartufari e la sua scrittura tra modelli, matrici ragionative e determinazione di ambienti.
Palumbo Gianni Antonio
2024-01-01
Abstract
Clarice Gouzy Tartufari è un’autrice su cui oggi sembra calato il sipario dell’oblio, se si escludono sporadiche pubblicazioni quali il volume "Clarice Tartufari. Una scrittrice dimenticata. Lettere a Bonaventura Tecchi", curato da Luciana Vergaro (Juppiter, 2021). Eppure Tartufari aveva riscosso apprezzamenti non irrilevanti da parte della critica a lei contemporanea; Benedetto Croce la definì “temperamento assai più robusto, sguardo più ampio e un sentire più vigoroso e compatto” rispetto a Grazia Deledda («La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 37, 1939, pp. 12-23); Giovanni Boine, in "Plausi e botte", pur esprimendo riserve sul genere, definì "All’uscita dal labirinto" “un ottimo romanzo”. Il contributo mira a ricostruire alcuni snodi della produzione dell’autrice, evidenziando l’influsso di modelli (in particolar modo quello verghiano e balzachiano, ma con squarci lirici spesso di sapore leopardiano), l’aderenza alle tematiche e ai dibattiti tipici della letteratura tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Emergono il contrasto tra i giovani e le generazioni di veci insensai che hanno fatto l’Italia (Eterne leggi), le ansie di rinnovamento religioso di cui fu portavoce il modernismo (Il mare e la vela), il potere ferino della sensualità (Roveto ardente), il vulnus della guerra e del germe dell’odio, accanto alla sudditanza e al richiamo del danaro (Il dio nero). In una scrittura tuttora non priva di fascino coesistono una matrice ragionativa sul significato dell’esistere umano e una tutt’altro che disprezzabile “capacità dell'autrice di osservare e determinare nei loro tratti caratteristici gli ambienti sociali e familiari” (Croce).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.