La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, 3°comma, l. 4 maggio 1983, n. 184 (laddove disponeva che, con l’adozione, «cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine») proponendone tuttavia una lettura capace di escludere che essa implichi un divieto assoluto, per il giudice, di valutare il preminente interesse del minore a «mantenere talune positive relazioni socio-affettive con i componenti della famiglia di origine». Si tratta di una decisione — coraggiosa ed apprezzabile — che presenta interesse sia per l’impatto, sicuramente molto rilevante, che ha sul modo di intendere l’adozione c.d. «piena», sia per la soluzione interpretativa che propone, laddove non accoglie la questione e ritiene possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata che attribuisce al giudice un significativo potere di valutazione pur in presenza di una disposizione di legge formulata in termini inequivoci, che, di esso, non parla affatto. L’intero sistema dell’adozione e del diritto dei minori deve dunque essere interpretato in ragione del suo prevalente interesse: ciascuna regola deve essere intesa nei termini di una presunzione relativa, valida nei limiti in cui la sua applicazione non implichi un sacrificio dell’interesse che invece deve salvaguardare. Sotto questo profilo, il significato della pronuncia trascende la questione oggetto del giudizio e si presta a fornire — proprio in ragione della dichiarazione di costituzionalità della disposizione — una chiave di lettura dell’intero sistema.

MODELLI DI ADOZIONE E SUPERAMENTO DELL’IMITATIO NATURAE (CORTE COST., 28 SETTEMBRE 2023 N. 183)

Francesco Astone
2023-01-01

Abstract

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, 3°comma, l. 4 maggio 1983, n. 184 (laddove disponeva che, con l’adozione, «cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine») proponendone tuttavia una lettura capace di escludere che essa implichi un divieto assoluto, per il giudice, di valutare il preminente interesse del minore a «mantenere talune positive relazioni socio-affettive con i componenti della famiglia di origine». Si tratta di una decisione — coraggiosa ed apprezzabile — che presenta interesse sia per l’impatto, sicuramente molto rilevante, che ha sul modo di intendere l’adozione c.d. «piena», sia per la soluzione interpretativa che propone, laddove non accoglie la questione e ritiene possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata che attribuisce al giudice un significativo potere di valutazione pur in presenza di una disposizione di legge formulata in termini inequivoci, che, di esso, non parla affatto. L’intero sistema dell’adozione e del diritto dei minori deve dunque essere interpretato in ragione del suo prevalente interesse: ciascuna regola deve essere intesa nei termini di una presunzione relativa, valida nei limiti in cui la sua applicazione non implichi un sacrificio dell’interesse che invece deve salvaguardare. Sotto questo profilo, il significato della pronuncia trascende la questione oggetto del giudizio e si presta a fornire — proprio in ragione della dichiarazione di costituzionalità della disposizione — una chiave di lettura dell’intero sistema.
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