Nonostante il considerevole numero di studi promossi in occasione dell’ VIII centenario della nascita di Federico II, solo marginalmente è stato affrontato il problema della committenza dei suoi diretti discendenti, in particolare di Manfredi che fu per sedici anni (1250-1266) protagonista della vita politica e culturale della penisola. L’effetto catalizzatore che la potente personalità di Federico II ha esercitato rispetto a tutte le grandi innovazioni, politiche, culturali ed artistiche che hanno caratterizzato il Regno, ha finito per negare al prediletto figlio naturale qualsiasi ruolo nella storia dell’arte dell’Italia meridionale, con la sola eccezione della produzione libraria (codice Vat. Pal. Lat. 1071). Un problema fortemente condizionante è dato dall’esiguità di opere sicuramente databili ai decenni 1250-1266. Lo scopo di questo studio è quello di verificare se si può parlare per questo breve arco cronologico di una produzione artistica di committenza manfrediana (escludendo l’ambito librario), che abbia caratteri di originalità ed autonomia rispetto a quella federiciana. In tale contesto questa ricerca sopperisce alla mancanza di uno studio storico- artistico complessivo e analitico sull’età di Manfredi, che non si limiti al solo studio sulle miniature del De arte venandi cum avibus. o alla generica idea di una continuità di esperienze artistiche al passaggio fra l’età sveva ed i primi decenni di quella angioina. Vengono analizzati alcuni soffitti lignei siciliani (tra le opere sicuramente legate alla committenza manfrediana); le esigue tracce di fondazione della città di Manfredonia (di recente restituita alla più realistica committenza di Manfredi Maletta zio materno dello stesso Manfredi ); ed infine l’architettura castellana, in particolare il castello di Lombardia, la cosidetta Torre di Federico ad Enna, il castello di Lagopesole e la domus di Palazzo San Gervasio in Basilicata. Particolare attenzione viene rivolta alle testimonianze scultoree ed in particolare al tema del ritratto, ambito nel quale matura in età sveva una dimensione dell’operare artistico di carattere europeo. Alla luce di una serie di elementi attentamente sondati vengono analizzati alcuni busti ‘federiciani’, in particolare il noto busto del museo civico di Barletta insieme ad altri due esemplari ad esso collegati dalla critica, di recente esposti alla mostra di Mannheim del 2010/2011. Il quadro che emerge consente di ridefinire la cronologia di questi ultimi due busti in collezione privata e la provenienza di almeno uno di essi, riconoscibile in una vecchia foto del loggiato del rinascimentale Palazzo Vulpano-Sylos a Bitonto. Circa il busto barlettano, attraverso una serie di analisi ed osservazioni che prendono in considerazione tanto il contesto del territorio in cui è stata rinvenuta l’opera quanto alcune fonti cronachistiche medievali e rinascimentali, viene avanzata la proposta che possa trattarsi di un ritratto commissionato dallo stesso Manfredi, nell’ambito di una committenza che, analogamente a quanto accertato nell’ambito degli studi sulla miniatura, coniuga alla rinascita dell’antico istanze di più intenso e patetico naturalismo di matrice gotica europea. Nella parte finale dello studio viene valutato l’impatto di queste novità nell’ambito dell’edilizia sacra, in particolare in relazione a due gruppi plastici sulle testate del transetto della cattedrale di Trani.
Federico dopo Federico. La committenza manfrediana e alcune note sul busto di Barletta
Derosa L.
2012-01-01
Abstract
Nonostante il considerevole numero di studi promossi in occasione dell’ VIII centenario della nascita di Federico II, solo marginalmente è stato affrontato il problema della committenza dei suoi diretti discendenti, in particolare di Manfredi che fu per sedici anni (1250-1266) protagonista della vita politica e culturale della penisola. L’effetto catalizzatore che la potente personalità di Federico II ha esercitato rispetto a tutte le grandi innovazioni, politiche, culturali ed artistiche che hanno caratterizzato il Regno, ha finito per negare al prediletto figlio naturale qualsiasi ruolo nella storia dell’arte dell’Italia meridionale, con la sola eccezione della produzione libraria (codice Vat. Pal. Lat. 1071). Un problema fortemente condizionante è dato dall’esiguità di opere sicuramente databili ai decenni 1250-1266. Lo scopo di questo studio è quello di verificare se si può parlare per questo breve arco cronologico di una produzione artistica di committenza manfrediana (escludendo l’ambito librario), che abbia caratteri di originalità ed autonomia rispetto a quella federiciana. In tale contesto questa ricerca sopperisce alla mancanza di uno studio storico- artistico complessivo e analitico sull’età di Manfredi, che non si limiti al solo studio sulle miniature del De arte venandi cum avibus. o alla generica idea di una continuità di esperienze artistiche al passaggio fra l’età sveva ed i primi decenni di quella angioina. Vengono analizzati alcuni soffitti lignei siciliani (tra le opere sicuramente legate alla committenza manfrediana); le esigue tracce di fondazione della città di Manfredonia (di recente restituita alla più realistica committenza di Manfredi Maletta zio materno dello stesso Manfredi ); ed infine l’architettura castellana, in particolare il castello di Lombardia, la cosidetta Torre di Federico ad Enna, il castello di Lagopesole e la domus di Palazzo San Gervasio in Basilicata. Particolare attenzione viene rivolta alle testimonianze scultoree ed in particolare al tema del ritratto, ambito nel quale matura in età sveva una dimensione dell’operare artistico di carattere europeo. Alla luce di una serie di elementi attentamente sondati vengono analizzati alcuni busti ‘federiciani’, in particolare il noto busto del museo civico di Barletta insieme ad altri due esemplari ad esso collegati dalla critica, di recente esposti alla mostra di Mannheim del 2010/2011. Il quadro che emerge consente di ridefinire la cronologia di questi ultimi due busti in collezione privata e la provenienza di almeno uno di essi, riconoscibile in una vecchia foto del loggiato del rinascimentale Palazzo Vulpano-Sylos a Bitonto. Circa il busto barlettano, attraverso una serie di analisi ed osservazioni che prendono in considerazione tanto il contesto del territorio in cui è stata rinvenuta l’opera quanto alcune fonti cronachistiche medievali e rinascimentali, viene avanzata la proposta che possa trattarsi di un ritratto commissionato dallo stesso Manfredi, nell’ambito di una committenza che, analogamente a quanto accertato nell’ambito degli studi sulla miniatura, coniuga alla rinascita dell’antico istanze di più intenso e patetico naturalismo di matrice gotica europea. Nella parte finale dello studio viene valutato l’impatto di queste novità nell’ambito dell’edilizia sacra, in particolare in relazione a due gruppi plastici sulle testate del transetto della cattedrale di Trani.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.