La sfida che la nuova strategia europea per la bioeconomia pone alle economie locali è rilevante e solleva interrogativi seri sulla tenuta degli equilibri dei sistemi locali, sia dal punto di vista socio-economico che ecologico. Il processo di integrazione economica e monetaria europea negli ultimi decenni ha generato un’Europa polarizzata, contravvenendo al disegno originario del progetto europeo che prevedeva, invece, prosperità, convergenza e armonizzazione tra i paesi membri. Oggi le dinamiche centro-periferia in Europa vedono aree forti (come la Germania e il Nord Europa) gestire le catene del valore e le piattaforme produttive globali offrendo occasioni di sviluppo a nuove periferie (per esempio alcuni paesi dell’Est Europa), e aree deboli deindustrializzarsi, perdere capitale umano e dipendere da flussi finanziari esterni (come i paesi del Sud Europa). La strategia europea per la bioeconomia si inserisce in questa Europa divisa e polarizzata. Nonostante le argomentazioni retoriche che enfatizzano il perseguimento di un nuovo modello produttivo e di consumo attento a limitare gli sprechi (economia circolare) o a ridurre i danni ambientali ed ecologici (green economy), la strategia promossa dalla Commissione Europea sembra andare incontro soprattutto alle esigenze produttivistiche delle imprese, che hanno urgenza di sostituire i combustibili fossili con fonti energetiche alternative (oltre che impegnate a ricercare maggiore efficienza nella produzione e nuove occasioni di mercato). Se il dispiegarsi delle attività bio-based in Europa dovesse conformarsi alle dinamiche del modello centro-periferia, allora la strategia della Commissione Europea per la bioeconomia rappresenterebbe uno shock globale per le econome locali dei paesi periferici, soprattutto con riferimento all’agricoltura.

La strategia per la bioeconomia: opportunità o rischio globale per le economie locali?

Celi. Giuseppe
In corso di stampa

Abstract

La sfida che la nuova strategia europea per la bioeconomia pone alle economie locali è rilevante e solleva interrogativi seri sulla tenuta degli equilibri dei sistemi locali, sia dal punto di vista socio-economico che ecologico. Il processo di integrazione economica e monetaria europea negli ultimi decenni ha generato un’Europa polarizzata, contravvenendo al disegno originario del progetto europeo che prevedeva, invece, prosperità, convergenza e armonizzazione tra i paesi membri. Oggi le dinamiche centro-periferia in Europa vedono aree forti (come la Germania e il Nord Europa) gestire le catene del valore e le piattaforme produttive globali offrendo occasioni di sviluppo a nuove periferie (per esempio alcuni paesi dell’Est Europa), e aree deboli deindustrializzarsi, perdere capitale umano e dipendere da flussi finanziari esterni (come i paesi del Sud Europa). La strategia europea per la bioeconomia si inserisce in questa Europa divisa e polarizzata. Nonostante le argomentazioni retoriche che enfatizzano il perseguimento di un nuovo modello produttivo e di consumo attento a limitare gli sprechi (economia circolare) o a ridurre i danni ambientali ed ecologici (green economy), la strategia promossa dalla Commissione Europea sembra andare incontro soprattutto alle esigenze produttivistiche delle imprese, che hanno urgenza di sostituire i combustibili fossili con fonti energetiche alternative (oltre che impegnate a ricercare maggiore efficienza nella produzione e nuove occasioni di mercato). Se il dispiegarsi delle attività bio-based in Europa dovesse conformarsi alle dinamiche del modello centro-periferia, allora la strategia della Commissione Europea per la bioeconomia rappresenterebbe uno shock globale per le econome locali dei paesi periferici, soprattutto con riferimento all’agricoltura.
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