I recenti significativi rinvenimenti di vetri incisi nei siti della Puglia centro-settentrionale hanno permesso di gettare nuova luce non solo sugli aspetti tecnico-stilistici, ma anche sulle dinamiche sociali e culturali sottese alla produzione e diffusione di questi pregiati manufatti. Particolare rilievo riveste il ritrovamento di tre esemplari di lampade vitree incise nel sito di Faragola, nel territorio dell’antica Ausculum, dove le ricerche condotte dall’Università di Foggia hanno portato alla scoperta di un insediamento rurale pluristratificato e, in particolare, di una lussuosa villa tardoantica e di un abitato altomedievale. Nel corridoio di accesso alla monumentale cenatio sono state ritrovate impilate integre le tre lampade, databili agli inizi del V sec. d.C., in stratigrafie ascrivibili alle fasi di abbandono della villa, forse accuratamente conservate per essere reinserite nel ciclo di produzione del vetro in età altomedievale. Di particolare interesse la decorazione con iscrizione incisa sulle lampade: dulcis anima pie zeses/ Α ((crux monogrammatica)) Ω. L’iscrizione, documentata frequentemente nei vetri dorati in combinazione con soggetti di ispirazione profana, pagana, cristiana e giudaica, rinvia al formulario augurale utilizzato durante i banchetti e reinterpretato in ambito funerario in relazione al rituale del refrigerium e indirettamente al simbolico convito ultraterreno. Simbolo polivalente, ampiamente diffuso in numerosi contesti espressivi, adottato da ogni ceto sociale, documentato su molteplici tipologie di suppellettili, spesso come semplice elemento decorativo, il signum Christi, potenziato dalle lettere apocalittiche, compare nelle lampade di Faragola nella sua valenza semantica ed evocativa, con valore profilattico/apotropaico. Queste lampade rientrano nel novero di quei manufatti realizzati per essere donati in particolari occasioni della vita civile e religiosa e di ricorrenze familiari della ricca e colta aristocrazia tardoantica. Considerate le molteplici problematiche ancora aperte negli studi sui vetri incisi, si tenteranno di affrontare in questo contributo i temi relativi alla committenza, circolazione e funzione di tali manufatti con riferimento ad altre tipologie documentate nei contesti apuli. Sono state prese in considerazioni le analogie più stringenti, da un lato, con le prime espressioni figurative paleocristiane dei vetri dorati di fine IV secolo e, dall'altro, con i bicchieri e le lampade di matrice orientale rinvenuti in alcuni siti del Mediterraneo che presentano una forte somiglianza sul piano tecnico-stilistico e iconografico.
Le lampade vitree incise di Faragola. Committenza, produzione, circolazione e funzione
TURCHIANO, MARIA;
2016-01-01
Abstract
I recenti significativi rinvenimenti di vetri incisi nei siti della Puglia centro-settentrionale hanno permesso di gettare nuova luce non solo sugli aspetti tecnico-stilistici, ma anche sulle dinamiche sociali e culturali sottese alla produzione e diffusione di questi pregiati manufatti. Particolare rilievo riveste il ritrovamento di tre esemplari di lampade vitree incise nel sito di Faragola, nel territorio dell’antica Ausculum, dove le ricerche condotte dall’Università di Foggia hanno portato alla scoperta di un insediamento rurale pluristratificato e, in particolare, di una lussuosa villa tardoantica e di un abitato altomedievale. Nel corridoio di accesso alla monumentale cenatio sono state ritrovate impilate integre le tre lampade, databili agli inizi del V sec. d.C., in stratigrafie ascrivibili alle fasi di abbandono della villa, forse accuratamente conservate per essere reinserite nel ciclo di produzione del vetro in età altomedievale. Di particolare interesse la decorazione con iscrizione incisa sulle lampade: dulcis anima pie zeses/ Α ((crux monogrammatica)) Ω. L’iscrizione, documentata frequentemente nei vetri dorati in combinazione con soggetti di ispirazione profana, pagana, cristiana e giudaica, rinvia al formulario augurale utilizzato durante i banchetti e reinterpretato in ambito funerario in relazione al rituale del refrigerium e indirettamente al simbolico convito ultraterreno. Simbolo polivalente, ampiamente diffuso in numerosi contesti espressivi, adottato da ogni ceto sociale, documentato su molteplici tipologie di suppellettili, spesso come semplice elemento decorativo, il signum Christi, potenziato dalle lettere apocalittiche, compare nelle lampade di Faragola nella sua valenza semantica ed evocativa, con valore profilattico/apotropaico. Queste lampade rientrano nel novero di quei manufatti realizzati per essere donati in particolari occasioni della vita civile e religiosa e di ricorrenze familiari della ricca e colta aristocrazia tardoantica. Considerate le molteplici problematiche ancora aperte negli studi sui vetri incisi, si tenteranno di affrontare in questo contributo i temi relativi alla committenza, circolazione e funzione di tali manufatti con riferimento ad altre tipologie documentate nei contesti apuli. Sono state prese in considerazioni le analogie più stringenti, da un lato, con le prime espressioni figurative paleocristiane dei vetri dorati di fine IV secolo e, dall'altro, con i bicchieri e le lampade di matrice orientale rinvenuti in alcuni siti del Mediterraneo che presentano una forte somiglianza sul piano tecnico-stilistico e iconografico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.