Il presente lavoro accoglie il principio secondo il quale la realizzazione di una Unione monetaria tra più Stati – d’ora in poi intesa come disgiunta dalla presenza di una Unione politica tra gli stessi - può considerarsi scientificamente fondata, purché sussista al momento dell’adesione all’Unione, e si conservi nel corso della partecipazione alla stessa, una situazione di convegenza generale - colta nei suoi diversi aspetti fondamentali (economici, fiscali, sociali, etc.) - tra gli Stati aderenti all’accordo monetario. Ciò premesso, se poniamo l’attenzione sugli attuali 25 Stati membri dell’Unione europea che hanno sottoscritto in pieno il progetto dell’ Unione economica e monetaria (UEM), e ci domandiamo se sia presente o meno la convergenza fiscale, che è una componente fondamentale della convergenza generale, possiamo scoprire – alla luce dell’evidenza empirica contenuta in questo studio – come i divari fiscali nazionali tra gli Stati membri che adottano l’euro non lascino dubbi sull’assenza della convergenza fiscale. Si tratta di divari che, nel loro complesso, lungi dall’essere in linea con una situazione di concorrenza fiscale fisiologica, denotano – si pensi, a titolo esemplificativo, all’Irlanda o a Cipro - l’esistenza di quel tipo di concorrenza da tempo nota come “concorrenza fiscale dannosa”. 2. Abbiamo ritenuto opportuno articolare il lavoro in due parti. Nella prima l’analisi è suddivisa in quattro capitoli, di cui il primo ha carattere propedeutico. Il secondo capitolo si sofferma sugli aspetti teorici della “convergenza” e della “stabilità”, intese a livello generale, in relazione all’instaurazione di una Unione monetaria ottimale. Nel terzo capitolo vengono esaminati i momenti salienti che hanno contrassegnato, dal 1957 (anno della firma dei Trattati di Roma) al 2007 (anno della firma del Trattato di Lisbona), il dibattito sull’armonizzazione fiscale; mentre nel quarto si pone la riflessione sul trattamento della materia fiscale nella legislazione dell’Unione e sulle connesse problematiche riguardanti la “concorrenza fiscale” e gli “aiuti di Stato”. Nella seconda parte si intende dimostrare, con l’evidenza empirica, come i divari fiscali tra i 16 Stati membri che a fine dicembre 2009 (a 10 anni dalla nascita dell’Unione monetaria) adottano l’euro, siano tali da non far emergere, né prospettare a breve, un sufficiente grado di armonizzazione fiscale in seno all’area dell’Unione monetaria. In particolare, nei capitoli quinto, sesto e settimo sono colti, per ogni Stato membro che adotta l’euro, sia un profilo della fiscalità diretta (in termini d’imposizione sul reddito delle persone fisiche e d’imposizione sul reddito delle società) che della fiscalità indiretta (limitatamente all’imposta sul valore aggiunto). Una disamina che offre un quadro in cui è il campo della fiscalità diretta quello in cui si manifestano le maggiori differenze e i più gravi fenomeni di distorsione. Nel capitolo ottavo è affrontato un quesito cruciale, ben lontano dall’essere sottolineato nella letteratura specialistica: può l’Unione monetaria europea sopravvivere? È questo il capitolo in cui si è ritenuto opportuno illustrare altresí il meccanismo del “recesso” dall’Unione, contemplato nel recente Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Anche alla luce dell’indagine condotta in questo libro, sembra legittimo nutrire non pochi dubbi sul corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria europea à la Maastricht- Amsterdam-Lisbona e sulla capacità della stessa, sebbene l’Europa ora appaia più piccola, di ridurre la distanza tra gli estremi dell’opulenza e della miseria.
La convergenza fiscale nell'Unione monetaria europea
DE GIROLAMO, UMBERTO ANTONIO ANGELO
2010-01-01
Abstract
Il presente lavoro accoglie il principio secondo il quale la realizzazione di una Unione monetaria tra più Stati – d’ora in poi intesa come disgiunta dalla presenza di una Unione politica tra gli stessi - può considerarsi scientificamente fondata, purché sussista al momento dell’adesione all’Unione, e si conservi nel corso della partecipazione alla stessa, una situazione di convegenza generale - colta nei suoi diversi aspetti fondamentali (economici, fiscali, sociali, etc.) - tra gli Stati aderenti all’accordo monetario. Ciò premesso, se poniamo l’attenzione sugli attuali 25 Stati membri dell’Unione europea che hanno sottoscritto in pieno il progetto dell’ Unione economica e monetaria (UEM), e ci domandiamo se sia presente o meno la convergenza fiscale, che è una componente fondamentale della convergenza generale, possiamo scoprire – alla luce dell’evidenza empirica contenuta in questo studio – come i divari fiscali nazionali tra gli Stati membri che adottano l’euro non lascino dubbi sull’assenza della convergenza fiscale. Si tratta di divari che, nel loro complesso, lungi dall’essere in linea con una situazione di concorrenza fiscale fisiologica, denotano – si pensi, a titolo esemplificativo, all’Irlanda o a Cipro - l’esistenza di quel tipo di concorrenza da tempo nota come “concorrenza fiscale dannosa”. 2. Abbiamo ritenuto opportuno articolare il lavoro in due parti. Nella prima l’analisi è suddivisa in quattro capitoli, di cui il primo ha carattere propedeutico. Il secondo capitolo si sofferma sugli aspetti teorici della “convergenza” e della “stabilità”, intese a livello generale, in relazione all’instaurazione di una Unione monetaria ottimale. Nel terzo capitolo vengono esaminati i momenti salienti che hanno contrassegnato, dal 1957 (anno della firma dei Trattati di Roma) al 2007 (anno della firma del Trattato di Lisbona), il dibattito sull’armonizzazione fiscale; mentre nel quarto si pone la riflessione sul trattamento della materia fiscale nella legislazione dell’Unione e sulle connesse problematiche riguardanti la “concorrenza fiscale” e gli “aiuti di Stato”. Nella seconda parte si intende dimostrare, con l’evidenza empirica, come i divari fiscali tra i 16 Stati membri che a fine dicembre 2009 (a 10 anni dalla nascita dell’Unione monetaria) adottano l’euro, siano tali da non far emergere, né prospettare a breve, un sufficiente grado di armonizzazione fiscale in seno all’area dell’Unione monetaria. In particolare, nei capitoli quinto, sesto e settimo sono colti, per ogni Stato membro che adotta l’euro, sia un profilo della fiscalità diretta (in termini d’imposizione sul reddito delle persone fisiche e d’imposizione sul reddito delle società) che della fiscalità indiretta (limitatamente all’imposta sul valore aggiunto). Una disamina che offre un quadro in cui è il campo della fiscalità diretta quello in cui si manifestano le maggiori differenze e i più gravi fenomeni di distorsione. Nel capitolo ottavo è affrontato un quesito cruciale, ben lontano dall’essere sottolineato nella letteratura specialistica: può l’Unione monetaria europea sopravvivere? È questo il capitolo in cui si è ritenuto opportuno illustrare altresí il meccanismo del “recesso” dall’Unione, contemplato nel recente Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Anche alla luce dell’indagine condotta in questo libro, sembra legittimo nutrire non pochi dubbi sul corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria europea à la Maastricht- Amsterdam-Lisbona e sulla capacità della stessa, sebbene l’Europa ora appaia più piccola, di ridurre la distanza tra gli estremi dell’opulenza e della miseria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.