Il contributo analizza dal punto di vista archeologico un’installazione largamente utilizzata nella Capitanata medievale quale il silos interrato per la conservazione dei cereali. Esso viene analizzato sul lungo periodo attraverso una rapida ricapitolazione anche degli esempi premedievali e di quelli di età moderna, spesso riunite in “piani delle fosse”. Viene successivamente stilato un inventario dei ritrovamenti archeologici in Capitanata nel quadro del più ampio panorama dei riscontri in Italia meridionale; si presentano inoltre le principali caratteristiche tecnico-funzionali e tipologiche di queste fosse, rispondenti alle caratteristiche geopedologiche dei suoli dauni e capaci di assicurare le condizioni igrometriche necessarie per una corretta conservazione del bene. Si ricompongono, sulla base dei resti recuperati a Ordona, San Lorenzo, etc., i tratti tipologici e morfologici comuni dei depositi sotterranei di Capitanata, individuando peraltro le varianti nelle capienze dei silos. Cronologicamente si identifica unìattestazione significativa di queste strutture già alla fine del X e poi decisamente dall’XI sec. (a Ordona p.es. le fosse paiono accompagnare la ripresa insediativa dell’intero stanziamento, in quell’arco di tempo); topograficamente si nota una progressiva tendenza a impiantare i silos sia internamente alle abitazioni (Fiorentino, Ordona) che in maniera raggruppata in spazi aperti deputati nei perimetri abitativi o nelle immediate adiacenze dei siti (p. es. nei suburbia, come a San Lorenzo). Le fosse granarie paiono dunque rappresentare evidenza materiale dell’importanza della risorsa cerealicola del Tavoliere e della Capitanata tutta (sul Gargano si riscontrano esempi di piccoli granai costruiti in pietra in alzato) già in contesti agrari di grandi proprietà o di carattere pubblico e fiscale di epoca bizantina; la capillarità della loro presenza nei casali, castra e nelle stesse città della Puglia settentrionale fra XII e XIV sec. porta a immaginare un’accresciuta necessità di immagazzinamento di granaglie prodotte in vaste réserve o comunque costituenti fonte di forte rendita signorile. Tuttavia la presenza di fovee anche all’interno delle abitazioni, oltre a rispondere alle necessità di consumo dei singoli nuclei familiari, può far ipotizzare l’esistenza di margini di commercializzazione anche a livello contadino. I riempimenti delle fosse, che ne marcano la loro cessazione d’uso, si datano frequentemente, sulla base dei reperti mobili rinvenuti, a partire dal XIV sec., segnando, se non una generale riduzione del prodotto, una concentrazione e selezione dei siti di deposito e stoccaggio e, conseguentemente, l’avvio del processo di declino di alcuni stanziamenti.
«Fovea pro frumento mittere». Archeologia della conservazione dei cereali nella Capitanata medievale
FAVIA, PASQUALE
2008-01-01
Abstract
Il contributo analizza dal punto di vista archeologico un’installazione largamente utilizzata nella Capitanata medievale quale il silos interrato per la conservazione dei cereali. Esso viene analizzato sul lungo periodo attraverso una rapida ricapitolazione anche degli esempi premedievali e di quelli di età moderna, spesso riunite in “piani delle fosse”. Viene successivamente stilato un inventario dei ritrovamenti archeologici in Capitanata nel quadro del più ampio panorama dei riscontri in Italia meridionale; si presentano inoltre le principali caratteristiche tecnico-funzionali e tipologiche di queste fosse, rispondenti alle caratteristiche geopedologiche dei suoli dauni e capaci di assicurare le condizioni igrometriche necessarie per una corretta conservazione del bene. Si ricompongono, sulla base dei resti recuperati a Ordona, San Lorenzo, etc., i tratti tipologici e morfologici comuni dei depositi sotterranei di Capitanata, individuando peraltro le varianti nelle capienze dei silos. Cronologicamente si identifica unìattestazione significativa di queste strutture già alla fine del X e poi decisamente dall’XI sec. (a Ordona p.es. le fosse paiono accompagnare la ripresa insediativa dell’intero stanziamento, in quell’arco di tempo); topograficamente si nota una progressiva tendenza a impiantare i silos sia internamente alle abitazioni (Fiorentino, Ordona) che in maniera raggruppata in spazi aperti deputati nei perimetri abitativi o nelle immediate adiacenze dei siti (p. es. nei suburbia, come a San Lorenzo). Le fosse granarie paiono dunque rappresentare evidenza materiale dell’importanza della risorsa cerealicola del Tavoliere e della Capitanata tutta (sul Gargano si riscontrano esempi di piccoli granai costruiti in pietra in alzato) già in contesti agrari di grandi proprietà o di carattere pubblico e fiscale di epoca bizantina; la capillarità della loro presenza nei casali, castra e nelle stesse città della Puglia settentrionale fra XII e XIV sec. porta a immaginare un’accresciuta necessità di immagazzinamento di granaglie prodotte in vaste réserve o comunque costituenti fonte di forte rendita signorile. Tuttavia la presenza di fovee anche all’interno delle abitazioni, oltre a rispondere alle necessità di consumo dei singoli nuclei familiari, può far ipotizzare l’esistenza di margini di commercializzazione anche a livello contadino. I riempimenti delle fosse, che ne marcano la loro cessazione d’uso, si datano frequentemente, sulla base dei reperti mobili rinvenuti, a partire dal XIV sec., segnando, se non una generale riduzione del prodotto, una concentrazione e selezione dei siti di deposito e stoccaggio e, conseguentemente, l’avvio del processo di declino di alcuni stanziamenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.