Nel saggio sono affrontati i profili generali del D. Lgs. 276/2003, evidenziando i netti mutamenti rispetto al passato. In particolare, si pongono in luce, criticandole, le opzioni di politica del diritto sottese al decreto in esame, a partire dal suo postulato ideologico, secondo cui la flessibilizzazione delle regole nel diritto del lavoro e la riduzione generalizzata delle tutele dei lavoratori avrebbero comportato, quale inevitabile coseguenza, la crescita dei livelli occupazionali. Si sottolineano nello specifico le principali modifiche introdotte: il forte impulso alla flessibilità tipologica dei rapporti di impiego, per alcuni dei quali oggi si chiede il superamento; il ridimensionamento non quantitativo ma qualitativo della contrattazione collettiva, deputata a decidere in specifici casi, legislativamente tipizzati, non sul quantum di flessibilità da immettere nell’ordinamento giuridico, ma se estendere ulteriormente o no la già ricca casistica prevista dalla legge; talvolta, la derogabilità dell’autonomia collettiva da parte di quella privata individuale; l’intervento sostitutivo del Ministro del lavoro per alcune tipologie di impiego a fronte di un mancato accordo collettivo; la facoltà, ripetutamente prevista nella normativa, di stipulare contratti collettivi solo con alcune confederazioni sindacali; il superamento del modello di relazioni industriali, basato sulla concertazione sociale, sostituito dal dialogo sociale “all’italiana”: infatti, a differenza del metodo del dialogo sociale europeo, a cui pur dichiara di ispirarsi, l’oggetto del confronto è individuato preliminarmente dal Governo e poi sottoposto al vaglio delle parti sociali, senza un loro preventivo coinvolgimento nella scelta dei temi da affrontare. L’analisi è condotta anche alla luce dell’evoluzione della politica comunitaria, a cui dice esplicitamente di ispirarsi il legislatore, nonostante però l’intento della Comunità Europea sia quello di incrementare il tasso di occupazione regolare e “di buona qualità” e non quella precaria.

Le finalità del D. Lgs. n. 276/2003

RICCI, MAURIZIO
2004-01-01

Abstract

Nel saggio sono affrontati i profili generali del D. Lgs. 276/2003, evidenziando i netti mutamenti rispetto al passato. In particolare, si pongono in luce, criticandole, le opzioni di politica del diritto sottese al decreto in esame, a partire dal suo postulato ideologico, secondo cui la flessibilizzazione delle regole nel diritto del lavoro e la riduzione generalizzata delle tutele dei lavoratori avrebbero comportato, quale inevitabile coseguenza, la crescita dei livelli occupazionali. Si sottolineano nello specifico le principali modifiche introdotte: il forte impulso alla flessibilità tipologica dei rapporti di impiego, per alcuni dei quali oggi si chiede il superamento; il ridimensionamento non quantitativo ma qualitativo della contrattazione collettiva, deputata a decidere in specifici casi, legislativamente tipizzati, non sul quantum di flessibilità da immettere nell’ordinamento giuridico, ma se estendere ulteriormente o no la già ricca casistica prevista dalla legge; talvolta, la derogabilità dell’autonomia collettiva da parte di quella privata individuale; l’intervento sostitutivo del Ministro del lavoro per alcune tipologie di impiego a fronte di un mancato accordo collettivo; la facoltà, ripetutamente prevista nella normativa, di stipulare contratti collettivi solo con alcune confederazioni sindacali; il superamento del modello di relazioni industriali, basato sulla concertazione sociale, sostituito dal dialogo sociale “all’italiana”: infatti, a differenza del metodo del dialogo sociale europeo, a cui pur dichiara di ispirarsi, l’oggetto del confronto è individuato preliminarmente dal Governo e poi sottoposto al vaglio delle parti sociali, senza un loro preventivo coinvolgimento nella scelta dei temi da affrontare. L’analisi è condotta anche alla luce dell’evoluzione della politica comunitaria, a cui dice esplicitamente di ispirarsi il legislatore, nonostante però l’intento della Comunità Europea sia quello di incrementare il tasso di occupazione regolare e “di buona qualità” e non quella precaria.
2004
8821718646
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