L’articolo tratta il tema degli spazi destinati all’ospitalità e, in particolare, alle biblioteche nell’ambito delle ville tardoantiche. Era pratica assai diffusa in età romana e tardoantica, in particolare tra IV e V secolo d.C., invitare amici e parenti nelle proprie dimore urbane e soprattutto in quelle rurali. La definizione degli spazi per l’ospitalità, come di quelli utilizzati come biblioteche, è un tema non facile, sul quale si dispone ancora di scasa documentazione archeologica. L’ospitalità non era una pratica esclusiva della tarda antichità, perché risale molto indietro nei secoli, trattandosi di una delle consuetudini proprie dell’aristocrazia romana, e più in generale antica. Ma nei secoli finali dell’Antichità questa pratica assunse un rilievo particolare perché legata a manifestazioni estreme del lusso, all’esplosione di forme di opulenza, alla ricerca spasmodica degli agi. Si venne a creare quasi una gara tra gli esponenti di quella che si considerava la parte migliore del genere umano. Frequenti erano l’invito sia a cena (la vocatio ad cenam) sia a trascorrere veri e propri periodi di vacanza in villa. I grandi proprietari terrieri disponevano di immensi fundi, enormi proprietà sparse per l’impero, massae fundorum, cioè enormi aggregazioni di fondi gestite mediante una complessa rete di addetti, che garantivano ai proprietari rendite impressionanti. Nel saggio la trattazione del tema delle biblioteche è inquadrato nell’ambito delle consuetudini delle aristocrazie tardoantica, con una valorizzazione dai dati archeologici.
Biblioteche e sale da pranzo in campagna. Vita aristocratica in villa tra lettura, banchetti e cura del corpo
M. Turchiano
2024-01-01
Abstract
L’articolo tratta il tema degli spazi destinati all’ospitalità e, in particolare, alle biblioteche nell’ambito delle ville tardoantiche. Era pratica assai diffusa in età romana e tardoantica, in particolare tra IV e V secolo d.C., invitare amici e parenti nelle proprie dimore urbane e soprattutto in quelle rurali. La definizione degli spazi per l’ospitalità, come di quelli utilizzati come biblioteche, è un tema non facile, sul quale si dispone ancora di scasa documentazione archeologica. L’ospitalità non era una pratica esclusiva della tarda antichità, perché risale molto indietro nei secoli, trattandosi di una delle consuetudini proprie dell’aristocrazia romana, e più in generale antica. Ma nei secoli finali dell’Antichità questa pratica assunse un rilievo particolare perché legata a manifestazioni estreme del lusso, all’esplosione di forme di opulenza, alla ricerca spasmodica degli agi. Si venne a creare quasi una gara tra gli esponenti di quella che si considerava la parte migliore del genere umano. Frequenti erano l’invito sia a cena (la vocatio ad cenam) sia a trascorrere veri e propri periodi di vacanza in villa. I grandi proprietari terrieri disponevano di immensi fundi, enormi proprietà sparse per l’impero, massae fundorum, cioè enormi aggregazioni di fondi gestite mediante una complessa rete di addetti, che garantivano ai proprietari rendite impressionanti. Nel saggio la trattazione del tema delle biblioteche è inquadrato nell’ambito delle consuetudini delle aristocrazie tardoantica, con una valorizzazione dai dati archeologici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.