Il presente studio nasce da un progetto, di cui l’autrice è stata responsabile scientifica, relativo alle collezioni del Museo Civico di Barletta. Nel contributo si ricostruisce la storia della donazione al Museo Civico di Barletta della propria collezione da parte di Ferdinando Cafiero, avvenuta nel 1936. Una collezione migrata a Barletta da Firenze, dove il collezionista giunse dopo essere vissuto in vari luoghi della Toscana. Nel corso della ricerca, sviluppatasi su documenti del tutto inediti, reperiti tra Barletta, Firenze e Lucca, sono stati identificate le diverse case dove il collezionista ha vissuto e la stessa residenza fiorentina, i cui interni apparivano , secondo alcune descrizioni ritrovate, come luoghi privilegiati dell’immaginario ottocentesco, dove accanto ai dipinti risaltavano gli oggetti in ferro battuto , i mobili intagliati, le terrecotte e le maioliche, i cimeli etruschi, medievali e rinascimentali, le armi. La commistione di diversi generi artistici, combinati in eterogenee composizioni solo apparentemente casuali, riflette un gusto collezionistico affermatosi tra Otto e Novecento che si concretizza nell’ideale della casa-museo, dove lo spazio in cui sono esposte le opere si sovrappone allo spazio abitato dal collezionista, che accumulando e creando nuove relazioni e nuovi significati tra gli oggetti reinventa attraverso le testimonianze passate il proprio presente. Tra sconosciute residenze di campagna (come la Villa di Ferracciano sulle colline del Mugello), luoghi del commercio antiquario, aste pubbliche e acquisti privati (come quelli provenienti dalla collezione Buonvisi di Lucca o della Collezione Peruzzi de’ Medici) , è stato possibile restituire tra l’altro la biografia del personaggio, che emulò collezionisti e antiquari a lui contemporanei come Frederick Stibbert, Stefano Bardini, Elia Volpi, Herbert Percy Horne, Jean-Baptiste e Louis Carrand, ma anche eruditi e studiosi come Charles Loeser e Bernard Berenson, capaci di esportare quella ‘idea di Firenze’ ben delineata da Francis Haskell nella presentazione all’omonimo volume del 1989, intrisa di ideali e virtù basate sulle antiche tradizioni artistiche e artigianali. Un capitolo di questo studio è poi dedicato al progetto di musealizzazione della collezione nella città natale, curata dallo stesso collezionista, che aveva come modello il grande museo della casa fiorentina di Palazzo Davanzati allestito da Elia Volpi. Un progetto fallito per la morte del protagonista, e per l’affermarsi nella museografia artistica del secondo dopoguerra di una visione formalistica dell’opera poco interessata ai modelli espositivi di stampo storicistico.

La collezione Ferdinando Cafiero

Saverio Russo
2022-01-01

Abstract

Il presente studio nasce da un progetto, di cui l’autrice è stata responsabile scientifica, relativo alle collezioni del Museo Civico di Barletta. Nel contributo si ricostruisce la storia della donazione al Museo Civico di Barletta della propria collezione da parte di Ferdinando Cafiero, avvenuta nel 1936. Una collezione migrata a Barletta da Firenze, dove il collezionista giunse dopo essere vissuto in vari luoghi della Toscana. Nel corso della ricerca, sviluppatasi su documenti del tutto inediti, reperiti tra Barletta, Firenze e Lucca, sono stati identificate le diverse case dove il collezionista ha vissuto e la stessa residenza fiorentina, i cui interni apparivano , secondo alcune descrizioni ritrovate, come luoghi privilegiati dell’immaginario ottocentesco, dove accanto ai dipinti risaltavano gli oggetti in ferro battuto , i mobili intagliati, le terrecotte e le maioliche, i cimeli etruschi, medievali e rinascimentali, le armi. La commistione di diversi generi artistici, combinati in eterogenee composizioni solo apparentemente casuali, riflette un gusto collezionistico affermatosi tra Otto e Novecento che si concretizza nell’ideale della casa-museo, dove lo spazio in cui sono esposte le opere si sovrappone allo spazio abitato dal collezionista, che accumulando e creando nuove relazioni e nuovi significati tra gli oggetti reinventa attraverso le testimonianze passate il proprio presente. Tra sconosciute residenze di campagna (come la Villa di Ferracciano sulle colline del Mugello), luoghi del commercio antiquario, aste pubbliche e acquisti privati (come quelli provenienti dalla collezione Buonvisi di Lucca o della Collezione Peruzzi de’ Medici) , è stato possibile restituire tra l’altro la biografia del personaggio, che emulò collezionisti e antiquari a lui contemporanei come Frederick Stibbert, Stefano Bardini, Elia Volpi, Herbert Percy Horne, Jean-Baptiste e Louis Carrand, ma anche eruditi e studiosi come Charles Loeser e Bernard Berenson, capaci di esportare quella ‘idea di Firenze’ ben delineata da Francis Haskell nella presentazione all’omonimo volume del 1989, intrisa di ideali e virtù basate sulle antiche tradizioni artistiche e artigianali. Un capitolo di questo studio è poi dedicato al progetto di musealizzazione della collezione nella città natale, curata dallo stesso collezionista, che aveva come modello il grande museo della casa fiorentina di Palazzo Davanzati allestito da Elia Volpi. Un progetto fallito per la morte del protagonista, e per l’affermarsi nella museografia artistica del secondo dopoguerra di una visione formalistica dell’opera poco interessata ai modelli espositivi di stampo storicistico.
2022
9788884318367
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11369/448010
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