Cosa unisce Mina Mazzini e Yvette Guilbert, Lucio Ridenti e Leo de Berardinis, Aby Warburg e Terayama Shūji a tutti gli altri artisti teatrali di cui si parla in questo libro, come Anna Pavlova, Eleonora Duse e Romeo Castellucci? Non c’è un motivo unico ma molti richiami interni, fili e tracce di un racconto ininterrotto che attraversa cronologicamente tempi, fatti e oggetti differenti, seppur riconducibili a un medesimo ambito che è quello del teatro o, più ampiamente, dello spettacolo. Attraverso re-visioni poco ortodosse di fenomeni anche molto noti, i dieci studi qui proposti cercano nuove modalità di approcciare il documento figurativo quale fonte per la storia del teatro, dove l’iconografia è praticata in primo luogo come un sentimento verso l’immagine, una cultura del visivo che concili scienza, metodo e immaginazione. Questo volume si offre infatti come prima proposta di una teatrologia visuale in cui l’approccio storico dialoghi con quello culturologico delle moderne teorie dell’immagine. E proprio in ragione di questa impostazione, le questioni disciplinari non vengono affrontate in astratto ma piuttosto empiricamente, ricalibrando volta per volta l’ampiezza di campo, e tenendo presente una questione che balza subito agli occhi come essenziale: la natura femminile.
Drammaturgie dello sguardo. Studi di iconografia dello spettacolo
MEI S
2020-01-01
Abstract
Cosa unisce Mina Mazzini e Yvette Guilbert, Lucio Ridenti e Leo de Berardinis, Aby Warburg e Terayama Shūji a tutti gli altri artisti teatrali di cui si parla in questo libro, come Anna Pavlova, Eleonora Duse e Romeo Castellucci? Non c’è un motivo unico ma molti richiami interni, fili e tracce di un racconto ininterrotto che attraversa cronologicamente tempi, fatti e oggetti differenti, seppur riconducibili a un medesimo ambito che è quello del teatro o, più ampiamente, dello spettacolo. Attraverso re-visioni poco ortodosse di fenomeni anche molto noti, i dieci studi qui proposti cercano nuove modalità di approcciare il documento figurativo quale fonte per la storia del teatro, dove l’iconografia è praticata in primo luogo come un sentimento verso l’immagine, una cultura del visivo che concili scienza, metodo e immaginazione. Questo volume si offre infatti come prima proposta di una teatrologia visuale in cui l’approccio storico dialoghi con quello culturologico delle moderne teorie dell’immagine. E proprio in ragione di questa impostazione, le questioni disciplinari non vengono affrontate in astratto ma piuttosto empiricamente, ricalibrando volta per volta l’ampiezza di campo, e tenendo presente una questione che balza subito agli occhi come essenziale: la natura femminile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.