Nell’attuale sistema economico la trasmissione mortis causa del pa-trimonio non può più considerarsi relativa alla sola circolazione di di-ritti ereditari che furono del de cuius, connessi ai soli aspetti della proprietà e della famiglia. La ricchezza oggi risiede sempre maggior-mente nella titolarità di posizioni contrattuali dalle quali, invero, pos-sono conseguire evidenti diritti e maggiori vantaggi per il beneficiario contraente. In altri termini, il successore che subentri nella posizione contrattuale del proprio dante causa ben potrebbe ritenersi più soddi-sfatto di chi succedesse nella titolarità di uno o di tutti i beni ereditari, di natura, per così dire, dominicale. Al testatore, invero, è attribuito un potere ancor maggiore che non è solo quello di trasferire mortis causa la propria posizione contrattuale ad uno dei suoi successori, ma anche quello di attribuire a favore di uno di essi il diritto a concludere un nuovo contratto con l’erede o con il legatario. Il testamento, in questa prospettiva, dimostra la sua forza e, soprattut-to, la sua attualità dando prova della sua vitalità. Per quanto destinato a produrre effetti dopo la morte del suo autore, tanto da essere stato definito una creatura fragile , il negozio di ultima volontà sta, al con-trario, sempre più riscattando la sua forza e la sua centralità nel sistema della circolazione della ricchezza. In particolare, il testamento sembra sempre maggiormente in grado di rappresentare una valida fonte di rapporti contrattuali che, pur trovan-do la loro genesi nel negozio di ultima volontà, non possono tuttavia che essere regolati, nel loro aspetto dinamico, dalla disciplina dei con-tratti inter vivos. Certamente, l’accostamento tra testamento e contratto potrebbe per certi versi far pensare ad una sorta di ossimoro giuridico, in considera-zione della diversità di struttura e di funzione dei due istituti. Si po-trebbe cioè ritenere di essere di fronte ad un contratto – quello di ge-nesi testamentaria – imposto da un terzo (il de cuius) sul titolare di de-terminati beni da questi ricevuti iure successionis. Dunque, si potrebbe porre, anche in tal caso, come in generale in tutti i casi di obbligo a contrarre, il problema della conciliabilità tra obbligo a contrarre e au-tonomia contrattuale, essendo questa privata della possibilità di inci-dere sul contenuto contrattuale e, addirittura, sulla persona dell’altro contraente, entrambi determinati dal testatore . A ben guardare, peraltro, il testamento non si impone ai contraenti, ma entra nella loro sfera giuridica per effetto della loro stessa volontà. L’acquisto dell’eredità o del legato, invero, comporta implicitamente l’adesione al programma del testatore che, solo in quanto accettato, diviene obbligatorio. In questa prospettiva, il testamento svolge dunque una funzione pro-grammatica che esige, evidentemente, l’adesione dei successori affin-ché le disposizioni in esso contenute possano essere attuate. Ciò posto, i chiamati mantengono la propria libertà di perseguire o meno il fine voluto dal testatore. Le disposizioni in grado di dar luogo ad un obbligo a carico dell’onerato possono avere il contenuto più vario, al pari di quanto può essere contenuto in un contratto. Il testatore, in altre parole, può programmare la conclusione di un contratto di compravendita tra one-rato e onorato, ovvero di locazione, di lavoro, di datio in solutum, di garanzia, di prelazione, ecc. La fase dinamica del rapporto, concludendosi il contratto inter vivos, non potrà che essere disciplinata dalle norme sui contratti, le quali, tuttavia, dovranno tener conto della disciplina successoria, in conside-razione della genesi del contratto stesso. Il contratto concluso in attua-zione della disposizione testamentaria, pertanto, mai potrebbe costitui-re un peso a carico dei legittimari in violazione dell’art. 549 c.c. L’obbligo a contrarre che nasce dalla disposizione testamentaria accet-tata dal successore è dotato di una forza coattiva che può essere pre-ventivamente contemplata dal testatore, il quale può prevedere dispo-sizioni sanzionatorie a carico dell’onerato inadempiente, ovvero pro-veniente dalla stessa legge che consente all’onorato di agire in forma specifica per l’attuazione dell’obbligo stesso. In ciò, dunque, il testamento potrebbe effettivamente risultare non più una creatura tanto fragile.

Testamento e rapporto contrattuale

NARDI, SANDRO
2012-01-01

Abstract

Nell’attuale sistema economico la trasmissione mortis causa del pa-trimonio non può più considerarsi relativa alla sola circolazione di di-ritti ereditari che furono del de cuius, connessi ai soli aspetti della proprietà e della famiglia. La ricchezza oggi risiede sempre maggior-mente nella titolarità di posizioni contrattuali dalle quali, invero, pos-sono conseguire evidenti diritti e maggiori vantaggi per il beneficiario contraente. In altri termini, il successore che subentri nella posizione contrattuale del proprio dante causa ben potrebbe ritenersi più soddi-sfatto di chi succedesse nella titolarità di uno o di tutti i beni ereditari, di natura, per così dire, dominicale. Al testatore, invero, è attribuito un potere ancor maggiore che non è solo quello di trasferire mortis causa la propria posizione contrattuale ad uno dei suoi successori, ma anche quello di attribuire a favore di uno di essi il diritto a concludere un nuovo contratto con l’erede o con il legatario. Il testamento, in questa prospettiva, dimostra la sua forza e, soprattut-to, la sua attualità dando prova della sua vitalità. Per quanto destinato a produrre effetti dopo la morte del suo autore, tanto da essere stato definito una creatura fragile , il negozio di ultima volontà sta, al con-trario, sempre più riscattando la sua forza e la sua centralità nel sistema della circolazione della ricchezza. In particolare, il testamento sembra sempre maggiormente in grado di rappresentare una valida fonte di rapporti contrattuali che, pur trovan-do la loro genesi nel negozio di ultima volontà, non possono tuttavia che essere regolati, nel loro aspetto dinamico, dalla disciplina dei con-tratti inter vivos. Certamente, l’accostamento tra testamento e contratto potrebbe per certi versi far pensare ad una sorta di ossimoro giuridico, in considera-zione della diversità di struttura e di funzione dei due istituti. Si po-trebbe cioè ritenere di essere di fronte ad un contratto – quello di ge-nesi testamentaria – imposto da un terzo (il de cuius) sul titolare di de-terminati beni da questi ricevuti iure successionis. Dunque, si potrebbe porre, anche in tal caso, come in generale in tutti i casi di obbligo a contrarre, il problema della conciliabilità tra obbligo a contrarre e au-tonomia contrattuale, essendo questa privata della possibilità di inci-dere sul contenuto contrattuale e, addirittura, sulla persona dell’altro contraente, entrambi determinati dal testatore . A ben guardare, peraltro, il testamento non si impone ai contraenti, ma entra nella loro sfera giuridica per effetto della loro stessa volontà. L’acquisto dell’eredità o del legato, invero, comporta implicitamente l’adesione al programma del testatore che, solo in quanto accettato, diviene obbligatorio. In questa prospettiva, il testamento svolge dunque una funzione pro-grammatica che esige, evidentemente, l’adesione dei successori affin-ché le disposizioni in esso contenute possano essere attuate. Ciò posto, i chiamati mantengono la propria libertà di perseguire o meno il fine voluto dal testatore. Le disposizioni in grado di dar luogo ad un obbligo a carico dell’onerato possono avere il contenuto più vario, al pari di quanto può essere contenuto in un contratto. Il testatore, in altre parole, può programmare la conclusione di un contratto di compravendita tra one-rato e onorato, ovvero di locazione, di lavoro, di datio in solutum, di garanzia, di prelazione, ecc. La fase dinamica del rapporto, concludendosi il contratto inter vivos, non potrà che essere disciplinata dalle norme sui contratti, le quali, tuttavia, dovranno tener conto della disciplina successoria, in conside-razione della genesi del contratto stesso. Il contratto concluso in attua-zione della disposizione testamentaria, pertanto, mai potrebbe costitui-re un peso a carico dei legittimari in violazione dell’art. 549 c.c. L’obbligo a contrarre che nasce dalla disposizione testamentaria accet-tata dal successore è dotato di una forza coattiva che può essere pre-ventivamente contemplata dal testatore, il quale può prevedere dispo-sizioni sanzionatorie a carico dell’onerato inadempiente, ovvero pro-veniente dalla stessa legge che consente all’onorato di agire in forma specifica per l’attuazione dell’obbligo stesso. In ciò, dunque, il testamento potrebbe effettivamente risultare non più una creatura tanto fragile.
2012
9788854849921
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11369/391484
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