In una storia del penale di lungo periodo la città rappresenta un tipico teatro fisico e immaginario: ora come incubatrice di regole sostanziali e processuali, ora come fonte di privilegi e di corrispettive discriminazioni, ora come polo d’attrattiva di sbandati proclivi al malaffare, ora come coagulo di rivolte sociali e, poi, di eversione istituzionale. Solo la penalistica del Novecento maturo sembra meno interessata a una schematica dicotomia tra delinquenza urbana e delinquenza rurale. Il saggio si sofferma su alcuni passaggi-chiave: la città d’antico regime, le cui leggi severe e velleitarie venivano stemperate dalla giurisprudenza; il riformismo settecentesco, ora scettico sulla portata civilizzatrice dello spazio urbano, ora fiducioso nella perequazione sociale anziché nella repressione; il secolo XIX, che registrò frequenti convergenze tra liberalismo conservatore e determinismo positivista nella difesa dei ceti ‘laboriosi’ dagli assalti di emarginati e miserabili. L’analisi è condotta attraverso un selezionato campione di penalisti e con prevalente riguardo allo scenario italiano.

Nell’abisso della città. Incursioni penalistiche tra antico e nuovo regime.

Miletti M. N.
2020-01-01

Abstract

In una storia del penale di lungo periodo la città rappresenta un tipico teatro fisico e immaginario: ora come incubatrice di regole sostanziali e processuali, ora come fonte di privilegi e di corrispettive discriminazioni, ora come polo d’attrattiva di sbandati proclivi al malaffare, ora come coagulo di rivolte sociali e, poi, di eversione istituzionale. Solo la penalistica del Novecento maturo sembra meno interessata a una schematica dicotomia tra delinquenza urbana e delinquenza rurale. Il saggio si sofferma su alcuni passaggi-chiave: la città d’antico regime, le cui leggi severe e velleitarie venivano stemperate dalla giurisprudenza; il riformismo settecentesco, ora scettico sulla portata civilizzatrice dello spazio urbano, ora fiducioso nella perequazione sociale anziché nella repressione; il secolo XIX, che registrò frequenti convergenze tra liberalismo conservatore e determinismo positivista nella difesa dei ceti ‘laboriosi’ dagli assalti di emarginati e miserabili. L’analisi è condotta attraverso un selezionato campione di penalisti e con prevalente riguardo allo scenario italiano.
2020
978-88-921-3306-8
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