Il saggio esamina le alterne vicende delle circostanze attenuanti generiche nell’ordinamento penale italiano di metà Novecento. Abolite dal codice Rocco del 1930 e reintrodotte mediante decreto luogotenenziale del 1944, le ‘generiche’, oggetto di disputa già tra le scuole di fine Ottocento, si presentavano nella cruciale svolta del secondo dopoguerra (quando riapparvero anche le omologhe aggravanti) quali poli d’una rinnovata dialettica ideologica tra rigida legalità e discrezionalità giurisprudenziale. Il dibattito dottrinale vide fronteggiarsi studiosi preoccupati di generalizzate indulgenze e fautori d’un misurato recupero della individualizzazione della pena e dell’equità penale. Sul piano applicativo, ci si interrogava sugli strumenti di controllo dei poteri del giudice, con particolare riguardo all’obbligo di motivazione e al rapporto tra l’art. 62 bis e i criteri direttivi di commisurazione della pena di cui all’art. 133 c.p. Incerte erano anche la computabilità delle generiche ai fini del giudizio d’equivalenza e l’incidenza sui termini di prescrizione. La generazione dei penalisti formatasi nel regime repubblicano avrebbe infine promosso una lettura costituzionalmente orientata delle circostanze innominate.

Elemosina giudiziaria o trionfo dell’equità? Il ripristino delle attenuanti generiche nella penalistica italiana del secondo dopoguerra

MILETTI, MARCO NICOLA
2016-01-01

Abstract

Il saggio esamina le alterne vicende delle circostanze attenuanti generiche nell’ordinamento penale italiano di metà Novecento. Abolite dal codice Rocco del 1930 e reintrodotte mediante decreto luogotenenziale del 1944, le ‘generiche’, oggetto di disputa già tra le scuole di fine Ottocento, si presentavano nella cruciale svolta del secondo dopoguerra (quando riapparvero anche le omologhe aggravanti) quali poli d’una rinnovata dialettica ideologica tra rigida legalità e discrezionalità giurisprudenziale. Il dibattito dottrinale vide fronteggiarsi studiosi preoccupati di generalizzate indulgenze e fautori d’un misurato recupero della individualizzazione della pena e dell’equità penale. Sul piano applicativo, ci si interrogava sugli strumenti di controllo dei poteri del giudice, con particolare riguardo all’obbligo di motivazione e al rapporto tra l’art. 62 bis e i criteri direttivi di commisurazione della pena di cui all’art. 133 c.p. Incerte erano anche la computabilità delle generiche ai fini del giudizio d’equivalenza e l’incidenza sui termini di prescrizione. La generazione dei penalisti formatasi nel regime repubblicano avrebbe infine promosso una lettura costituzionalmente orientata delle circostanze innominate.
2016
9788814215896
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