Nell'ambito di una riflessione su lessico ed etica nel primo Cinquecento, si prende in esame la fortuna del lemma "ipocrisia", tanto nella tradizione latina che in quella volgare. Muovendosi da Dante e spingendosi fino a Torquato Accetto, attraverso l'analisi dell'opera di autori come Boccaccio, Bracciolini, Alberti, Pontano, Galateo, Machiavelli e Guicciardini, è possibile seguire l'evoluzione del concetto stesso di ipocrisia. Se nella tradizione e nella riflessione dei moralisti del primo Cinquecento tale concetto connota in senso negativo l'azione di chi ha responsabilità di governo, negli anni a seguire, senza più l'uso esplicito dei termine "ipocrisia" (a cui si preferiscono termini come simulazione e dissimulazione), trova una piena dignità civile.
Simulare e dissimulare: l’ipocrisia tra religione e corte
VALERIO, SEBASTIANO
2016-01-01
Abstract
Nell'ambito di una riflessione su lessico ed etica nel primo Cinquecento, si prende in esame la fortuna del lemma "ipocrisia", tanto nella tradizione latina che in quella volgare. Muovendosi da Dante e spingendosi fino a Torquato Accetto, attraverso l'analisi dell'opera di autori come Boccaccio, Bracciolini, Alberti, Pontano, Galateo, Machiavelli e Guicciardini, è possibile seguire l'evoluzione del concetto stesso di ipocrisia. Se nella tradizione e nella riflessione dei moralisti del primo Cinquecento tale concetto connota in senso negativo l'azione di chi ha responsabilità di governo, negli anni a seguire, senza più l'uso esplicito dei termine "ipocrisia" (a cui si preferiscono termini come simulazione e dissimulazione), trova una piena dignità civile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.