un confronto interdisciplinare sul tema della città industriale e più in particolare sulle modalità attraverso le quali è stato percepito e descritto lo spazio urbano-industriale in Italia tra Otto e Novecento, dall’età del “decollo” ai più recenti processi di dismissione e di delocalizzazione. Al centro della riflessione è sia la città, nel suo insieme o per parti significative (le periferie), con attenzione alle dinamiche socio-economiche, urbanistiche e culturali, sia alcuni suoi elementi costitutivi e caratterizzanti: le fabbriche, le infrastrutture, le residenze operaie e popolari, cioè i luoghi della produzione, del lavoro e del welfare. L’immagine che deriva da queste due prospettive di lettura può mutare in funzione delle diverse tipologie di testo adottate: dalla pubblicistica e dalla manualistica di natura tecnica (architetti, ingegneri, economisti), dove vengono spesso esaltate la dimensione industriale della città e le opportunità che essa offre, alle inchieste giornalistiche e giudiziarie o alle diagnosi di medici, igienisti e sociologi, capaci di evidenziarne le problematiche ambientali e sociali; dai racconti orali, legati alle testimonianze e alla memoria dei luoghi vissuti, ai testi letterari, come i diari di viaggio, le guide, i romanzi, che offrono interpretazioni più soggettive e più profondi livelli di percezione emozionale dello spazio urbano. Dal confronto di questa pluralità di descrizioni possono emergere diverse e contraddittorie idee di città industriale, a sostegno di processi di legittimazione identitaria, oppure di significative prese di distanza. La “città di parole” può svelare vuoti di senso e omissioni nella costruzione di modelli e di immaginari; può rendere più comprensibile ciò che resta della storia urbano-industriale dell’Italia contemporanea.
Lo spazio urbano-industriale in Italia: percezioni e descrizioni
RIENZO, MARIA GABRIELLA
2014-01-01
Abstract
un confronto interdisciplinare sul tema della città industriale e più in particolare sulle modalità attraverso le quali è stato percepito e descritto lo spazio urbano-industriale in Italia tra Otto e Novecento, dall’età del “decollo” ai più recenti processi di dismissione e di delocalizzazione. Al centro della riflessione è sia la città, nel suo insieme o per parti significative (le periferie), con attenzione alle dinamiche socio-economiche, urbanistiche e culturali, sia alcuni suoi elementi costitutivi e caratterizzanti: le fabbriche, le infrastrutture, le residenze operaie e popolari, cioè i luoghi della produzione, del lavoro e del welfare. L’immagine che deriva da queste due prospettive di lettura può mutare in funzione delle diverse tipologie di testo adottate: dalla pubblicistica e dalla manualistica di natura tecnica (architetti, ingegneri, economisti), dove vengono spesso esaltate la dimensione industriale della città e le opportunità che essa offre, alle inchieste giornalistiche e giudiziarie o alle diagnosi di medici, igienisti e sociologi, capaci di evidenziarne le problematiche ambientali e sociali; dai racconti orali, legati alle testimonianze e alla memoria dei luoghi vissuti, ai testi letterari, come i diari di viaggio, le guide, i romanzi, che offrono interpretazioni più soggettive e più profondi livelli di percezione emozionale dello spazio urbano. Dal confronto di questa pluralità di descrizioni possono emergere diverse e contraddittorie idee di città industriale, a sostegno di processi di legittimazione identitaria, oppure di significative prese di distanza. La “città di parole” può svelare vuoti di senso e omissioni nella costruzione di modelli e di immaginari; può rendere più comprensibile ciò che resta della storia urbano-industriale dell’Italia contemporanea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.