Il volume accoglie la prima parte di una indagine più ampia. Questa prima parte è dedicata alla storia, alla comparazione, ai profili di carattere generale e alla disciplina positiva dell’esecuzione provvisoria e dell’inibitoria della sentenza nel processo ordinario di cognizione. Nella seconda parte, che sarà ospitata in un volume di prossima pubblicazione, ci si occuperà della disciplina dell’esecuzione provvisoria e dell’inibitoria nei processi speciali, a cognizione piena e sommaria, nell’arbitrato e nei processi davanti ai giudici speciali. Il libro è suddiviso in cinque capitoli. Nel primo capitolo, a propria volta articolato in due sezioni, l’a. si sofferma sull’evoluzione degl’istituti dell’esecuzione provvisoria e dell’inibitoria dal diritto comune fino al codice di rito del 1940. Il secondo capitolo, dedicato alla comparazione, esamina tanto i principali ordinamenti di civil law – precisamente quelli francese, belga, spagnolo, tedesco e giapponese – quanto i più significativi sistemi di common law, da quello inglese a quelli statunitense e indiano. Alla provvisoria esecuzione e all’inibitoria della sentenza di primo grado è dedicato il terzo capitolo – il più ampio e, per molti versi, importante del libro – mentre l’inibitoria della sentenza d’appello e della sentenza passata in giudicato forma oggetto del quarto capitolo. Il quinto e ultimo capitolo è dedicato al tema del controllo sui provvedimenti d’inibitoria. Lo studio si conclude con alcune riflessioni di sintesi. Quanto alla sentenza di primo grado, la principale ragione d’insoddisfazione dell’a. consiste nel fatto che il sistema è stato fortemente sbilanciato dalla riforma del 1990 a fronte di benefici pressoché nulli in termini di deflazione del contenzioso in sede di gravame, senza, peraltro, che un efficace strumento di riequilibrio possa essere ravvisato nell’inibitoria in appello. Quanto, invece, alla sentenza d’appello, l’a. auspica che i requisiti della gravità e dell’irreparabilità di cui all’art. 373 c.p.c. tornino a operare in rapporto alternativo e non cumulativo, così come la norma prevedeva anteriormente alla riforma del 1950. Infine, suscita perplessità la scelta del legislatore di restringere l’inibitoria in sede di opposizione di terzo entro i medesimi limiti prescritti dall’art. 373 c.p.c.
La provvisoria esecuzione e l’inibitoria nel processo civile (edizione aggiornata)
IMPAGNATIELLO, GIANPAOLO
2010-01-01
Abstract
Il volume accoglie la prima parte di una indagine più ampia. Questa prima parte è dedicata alla storia, alla comparazione, ai profili di carattere generale e alla disciplina positiva dell’esecuzione provvisoria e dell’inibitoria della sentenza nel processo ordinario di cognizione. Nella seconda parte, che sarà ospitata in un volume di prossima pubblicazione, ci si occuperà della disciplina dell’esecuzione provvisoria e dell’inibitoria nei processi speciali, a cognizione piena e sommaria, nell’arbitrato e nei processi davanti ai giudici speciali. Il libro è suddiviso in cinque capitoli. Nel primo capitolo, a propria volta articolato in due sezioni, l’a. si sofferma sull’evoluzione degl’istituti dell’esecuzione provvisoria e dell’inibitoria dal diritto comune fino al codice di rito del 1940. Il secondo capitolo, dedicato alla comparazione, esamina tanto i principali ordinamenti di civil law – precisamente quelli francese, belga, spagnolo, tedesco e giapponese – quanto i più significativi sistemi di common law, da quello inglese a quelli statunitense e indiano. Alla provvisoria esecuzione e all’inibitoria della sentenza di primo grado è dedicato il terzo capitolo – il più ampio e, per molti versi, importante del libro – mentre l’inibitoria della sentenza d’appello e della sentenza passata in giudicato forma oggetto del quarto capitolo. Il quinto e ultimo capitolo è dedicato al tema del controllo sui provvedimenti d’inibitoria. Lo studio si conclude con alcune riflessioni di sintesi. Quanto alla sentenza di primo grado, la principale ragione d’insoddisfazione dell’a. consiste nel fatto che il sistema è stato fortemente sbilanciato dalla riforma del 1990 a fronte di benefici pressoché nulli in termini di deflazione del contenzioso in sede di gravame, senza, peraltro, che un efficace strumento di riequilibrio possa essere ravvisato nell’inibitoria in appello. Quanto, invece, alla sentenza d’appello, l’a. auspica che i requisiti della gravità e dell’irreparabilità di cui all’art. 373 c.p.c. tornino a operare in rapporto alternativo e non cumulativo, così come la norma prevedeva anteriormente alla riforma del 1950. Infine, suscita perplessità la scelta del legislatore di restringere l’inibitoria in sede di opposizione di terzo entro i medesimi limiti prescritti dall’art. 373 c.p.c.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.