I contributi pubblici costituiscono per le imprese un mezzo attraverso il quale intraprendere o ampliare le proprie attività economiche. Per lo Stato ed altri enti pubblici, oltre che per la Comunità Europea, rappresentano altresì strumenti di politica economica atti a stimolare l’attività produttiva o ad indirizzarla verso fini sociali economicamente rilevanti. Le disparità economiche tra regioni riguardano inevitabilmente tutti i paesi dell’Unione Europea e proprio l’esistenza dei contributi pubblici ha reso possibile predisporre mirati programmi per cercare di eliminare o comunque ridurre tali differenze economico-sociali. Le motivazioni che muovono un ente pubblico ad erogare un contributo, sia esso in denaro o natura, sono da ricercare proprio nella volontà di conseguire degli interessi di ordine sociale. Il contributo costituisce, quindi, il mezzo attraverso il quale un ente riesce a conseguire il soddisfacimento dei bisogni relativi alla società ed alla collettività. Con specifico riferimento alla contabilizzazione dei contributi pubblici non esiste un’unica tecnica contabile. Nel corso degli anni si sono sviluppate due diverse teorie contabili: quella redditualista e quella patrimonialista. L’esistenza di queste diverse teorie risulta essere il riflesso di due diversi approcci allo studio del reddito e del capitale e che trovano origine nello studio dell’economia aziendale. La teoria redditualista si basa sulla logica di voler correlare il costo per l’acquisizione del fattore produttivo con il relativo contributo. La metodologia in parola distingue due metodi di rilevazione contabile: il metodo diretto, che consente di riportare in bilancio il bene oggetto del contributo al valore di acquisto e rilevare l’esistenza del ricavo attraverso il risconto passivo. Il metodo indiretto che rileva il contributo a riduzione del costo del bene oggetto del contributo stesso. La teoria patrimonialista contabilizza i contributi nello stato patrimoniale tra le poste del patrimonio netto con la conseguente iscrizione nell’attivo del credito vantato verso l’ente finanziatore. In tal senso i contributi sono considerati una fonte di finanziamento. In termini comparativi, dal confronto tra la legislazione civilistica con i più puntuali principi contabili nazionali ed internazionali, emerge che il legislatore italiano non ha dato alcuna indicazione in merito alla contabilizzazione dei contributi, anche se dall’analisi degli schemi di bilancio (art. 2425 del c.c.) sembrerebbe propendere per il metodo reddituale. Il principio contabile n. 16 dei CNDC e CNR consente la contabilizzazione con tutti i metodi anzidetti (reddituale e patrimoniale). Da ultimo il principio contabile IAS 20 propende per il solo metodo reddituale.
I CONTRIBUTI PUBBLICI. ELEMENTI DEFINITORI E RAPPRESENTAZIONE CONTABILE.
SANTACROCE, EDWARD
2005-01-01
Abstract
I contributi pubblici costituiscono per le imprese un mezzo attraverso il quale intraprendere o ampliare le proprie attività economiche. Per lo Stato ed altri enti pubblici, oltre che per la Comunità Europea, rappresentano altresì strumenti di politica economica atti a stimolare l’attività produttiva o ad indirizzarla verso fini sociali economicamente rilevanti. Le disparità economiche tra regioni riguardano inevitabilmente tutti i paesi dell’Unione Europea e proprio l’esistenza dei contributi pubblici ha reso possibile predisporre mirati programmi per cercare di eliminare o comunque ridurre tali differenze economico-sociali. Le motivazioni che muovono un ente pubblico ad erogare un contributo, sia esso in denaro o natura, sono da ricercare proprio nella volontà di conseguire degli interessi di ordine sociale. Il contributo costituisce, quindi, il mezzo attraverso il quale un ente riesce a conseguire il soddisfacimento dei bisogni relativi alla società ed alla collettività. Con specifico riferimento alla contabilizzazione dei contributi pubblici non esiste un’unica tecnica contabile. Nel corso degli anni si sono sviluppate due diverse teorie contabili: quella redditualista e quella patrimonialista. L’esistenza di queste diverse teorie risulta essere il riflesso di due diversi approcci allo studio del reddito e del capitale e che trovano origine nello studio dell’economia aziendale. La teoria redditualista si basa sulla logica di voler correlare il costo per l’acquisizione del fattore produttivo con il relativo contributo. La metodologia in parola distingue due metodi di rilevazione contabile: il metodo diretto, che consente di riportare in bilancio il bene oggetto del contributo al valore di acquisto e rilevare l’esistenza del ricavo attraverso il risconto passivo. Il metodo indiretto che rileva il contributo a riduzione del costo del bene oggetto del contributo stesso. La teoria patrimonialista contabilizza i contributi nello stato patrimoniale tra le poste del patrimonio netto con la conseguente iscrizione nell’attivo del credito vantato verso l’ente finanziatore. In tal senso i contributi sono considerati una fonte di finanziamento. In termini comparativi, dal confronto tra la legislazione civilistica con i più puntuali principi contabili nazionali ed internazionali, emerge che il legislatore italiano non ha dato alcuna indicazione in merito alla contabilizzazione dei contributi, anche se dall’analisi degli schemi di bilancio (art. 2425 del c.c.) sembrerebbe propendere per il metodo reddituale. Il principio contabile n. 16 dei CNDC e CNR consente la contabilizzazione con tutti i metodi anzidetti (reddituale e patrimoniale). Da ultimo il principio contabile IAS 20 propende per il solo metodo reddituale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.