Nel 1906 nascono in Italia varie testate giornalistiche che possono essere inserite in un ipotetico repertorio “femminista”: L’Alleanza (Pavia), Eva moderna (Roma), La lavoratrice (Milano), il numero unico Pro suffragio universale (Milano), rafforzando una tendenza che si era dimostrata chiara in tutta la sua evidenza quantitativa fin dagli albori del Novecento. Nel breve volgere di pochi anni la stampa delle donne e per le donne acquista consistenza, visibilità, pur se posta nella sfavorevole condizione di lottare per la mera sopravvivenza: i singoli periodici nascono e muoiono, sebbene si mantenga pressoché inalterata fino all’avvento del Fascismo l’onda lunga del fenomeno “stampa femminile”. Mutamenti considerevoli si registrano sia nelle strategie comunicative che nella struttura stessa dei periodici: rispetto a vocazioni propagandistiche più radicali e protestatarie, si acquisisce un’intenzionalità altamente pragmatica che si focalizza sulle tematiche maggiormente dibattute dalla politica dell’età giolittiana, nella fiduciosa speranza di influire in modo concreto su eventi, scelte, opzioni diretta-mente correlate all’idea di un progresso complessivo della società italiana. Le “giornaliste” si rivolgono dunque alle altre donne nella convinzione che esse sap-piano ascoltarle e si facciano compagne di apostolato, di diffusione di verità e di ideali. L’analisi de L’Alleanza ci permette di toccare con mano questa interessante serie di mutamenti per la caratteristica di “laboratorio” che il periodico presenta. Pubblicato a partire dal 7 aprile 1906, curato amorevolmente da Carmela Baricelli, vero deus ex machina che lascerà raramente la sua creatura nelle mani di altre colleghe e solo per brevi periodi, L’Alleanza ben rappresenta le oscillazioni del femminismo di inizio secolo, dibattuto tra tendenze aristocratico-borghesi e la marea montante del socialismo, con le conseguenti necessità delle lavoratrici e le loro rivendicazioni ed esigenze di carattere sindacale. Il giornale rgistra fedelmente il passaggio da un emancipazionismo teorico ed astratto verso l’aperto dibattito su problematiche connesse alla tutela delle donne nelle fabbriche, così come contribuisce alla necessità di riformulare l’identità femminile a partire dai temi del lavoro e dei diritti di cui le donne sono titolari in quanto cittadine. Pare evidente che il tratto significativo del nuovo giornale stava proprio nell’evitare le sterili contrapposizioni ideologiche che tanti danni avevano già arrecato alla causa del femminismo, per collocarsi in una sfera che, seppur lontana dagli schieramenti partitici, non disdegnava affatto la politica nel significato più puro del termine, la quale anzi costituiva oggetto di ampia e fertile propaganda, costantemente declinata sul terreno delle rivendicazioni giuridiche, sociali, sinda-cali.
Un giornale con le idee chiare
CAGNOLATI, ANTONELLA
2006-01-01
Abstract
Nel 1906 nascono in Italia varie testate giornalistiche che possono essere inserite in un ipotetico repertorio “femminista”: L’Alleanza (Pavia), Eva moderna (Roma), La lavoratrice (Milano), il numero unico Pro suffragio universale (Milano), rafforzando una tendenza che si era dimostrata chiara in tutta la sua evidenza quantitativa fin dagli albori del Novecento. Nel breve volgere di pochi anni la stampa delle donne e per le donne acquista consistenza, visibilità, pur se posta nella sfavorevole condizione di lottare per la mera sopravvivenza: i singoli periodici nascono e muoiono, sebbene si mantenga pressoché inalterata fino all’avvento del Fascismo l’onda lunga del fenomeno “stampa femminile”. Mutamenti considerevoli si registrano sia nelle strategie comunicative che nella struttura stessa dei periodici: rispetto a vocazioni propagandistiche più radicali e protestatarie, si acquisisce un’intenzionalità altamente pragmatica che si focalizza sulle tematiche maggiormente dibattute dalla politica dell’età giolittiana, nella fiduciosa speranza di influire in modo concreto su eventi, scelte, opzioni diretta-mente correlate all’idea di un progresso complessivo della società italiana. Le “giornaliste” si rivolgono dunque alle altre donne nella convinzione che esse sap-piano ascoltarle e si facciano compagne di apostolato, di diffusione di verità e di ideali. L’analisi de L’Alleanza ci permette di toccare con mano questa interessante serie di mutamenti per la caratteristica di “laboratorio” che il periodico presenta. Pubblicato a partire dal 7 aprile 1906, curato amorevolmente da Carmela Baricelli, vero deus ex machina che lascerà raramente la sua creatura nelle mani di altre colleghe e solo per brevi periodi, L’Alleanza ben rappresenta le oscillazioni del femminismo di inizio secolo, dibattuto tra tendenze aristocratico-borghesi e la marea montante del socialismo, con le conseguenti necessità delle lavoratrici e le loro rivendicazioni ed esigenze di carattere sindacale. Il giornale rgistra fedelmente il passaggio da un emancipazionismo teorico ed astratto verso l’aperto dibattito su problematiche connesse alla tutela delle donne nelle fabbriche, così come contribuisce alla necessità di riformulare l’identità femminile a partire dai temi del lavoro e dei diritti di cui le donne sono titolari in quanto cittadine. Pare evidente che il tratto significativo del nuovo giornale stava proprio nell’evitare le sterili contrapposizioni ideologiche che tanti danni avevano già arrecato alla causa del femminismo, per collocarsi in una sfera che, seppur lontana dagli schieramenti partitici, non disdegnava affatto la politica nel significato più puro del termine, la quale anzi costituiva oggetto di ampia e fertile propaganda, costantemente declinata sul terreno delle rivendicazioni giuridiche, sociali, sinda-cali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.