Il codice di procedura penale del 1930, nel ribaltare la gerarchia dei valori tra garanzia e repressione fissata dal previgente codice Finocchiaro-Aprile, rinunciò alla pubblicità istruttoria, ossia eliminò del tutto la facoltà per l’imputato o per il suo difensore di presenziare ad alcuni atti d’indagine. La svolta, coerente con l’ideologia fascista dell’annichilimento dell’individuo a fronte del prevalente interesse dello Stato, era stata preparata dal lavorio della giurisprudenza e in particolare dall’erosione operata dalla Corte di Cassazione. Il revirement recuperava l’argomento, ben noto all’inquisizione d’antico regime, secondo cui l’imputato non ha bisogno di tutela – ed anzi questa costituisce un intralcio – se il giudice inquirente non è un suo aprioristico antagonista bensí un funzionario imparziale alla ricerca della verità. Ne risultarono mutate sia la fisionomia sia dell’avvocato, cui si riconobbe una «pubblica funzione», sia, simmetricamente, quella del pubblico ministero, cui Alfredo Rocco restituí la qualifica di parte quantunque sui generis. La soluzione adottata dal codice di rito del 1930 appare cosí radicata nella mentalità inquisitoria del processo penale italiano che le riforme dell’età repubblicana la scalfirono solo con sofferta gradualità riaprendo al contraddittorio le porte dell’istruzione.

«Uno zelo invadente». Il rifiuto della pubblicità istruttoria nel codice di procedura penale del 1930

MILETTI, MARCO NICOLA
2008-01-01

Abstract

Il codice di procedura penale del 1930, nel ribaltare la gerarchia dei valori tra garanzia e repressione fissata dal previgente codice Finocchiaro-Aprile, rinunciò alla pubblicità istruttoria, ossia eliminò del tutto la facoltà per l’imputato o per il suo difensore di presenziare ad alcuni atti d’indagine. La svolta, coerente con l’ideologia fascista dell’annichilimento dell’individuo a fronte del prevalente interesse dello Stato, era stata preparata dal lavorio della giurisprudenza e in particolare dall’erosione operata dalla Corte di Cassazione. Il revirement recuperava l’argomento, ben noto all’inquisizione d’antico regime, secondo cui l’imputato non ha bisogno di tutela – ed anzi questa costituisce un intralcio – se il giudice inquirente non è un suo aprioristico antagonista bensí un funzionario imparziale alla ricerca della verità. Ne risultarono mutate sia la fisionomia sia dell’avvocato, cui si riconobbe una «pubblica funzione», sia, simmetricamente, quella del pubblico ministero, cui Alfredo Rocco restituí la qualifica di parte quantunque sui generis. La soluzione adottata dal codice di rito del 1930 appare cosí radicata nella mentalità inquisitoria del processo penale italiano che le riforme dell’età repubblicana la scalfirono solo con sofferta gradualità riaprendo al contraddittorio le porte dell’istruzione.
2008
9788815124814
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