L’espressione barbari exsecrati gladios suos ad aratra conversi sunt (Oros., adv. pag. 7, 41, 7), di derivazione biblica (Is 2, 4), è un topos ampiamente diffuso nel mondo greco e latino – soprattutto in sede panegiristica – in particolare tra IV e V secolo. Attraverso l’analisi di passi greci e latini è possibile rilevare una progressiva evoluzione dell’atteggiamento degli scrittori del IV-V secolo nei confronti dei barbari. In generale, persiste in essi una posizione di dualismo ontologico – in quanto percepito come opposizione tra bene e male, superiorità ed inferiorità, rispettivamente dei Romani e dei barbari – ereditato dalla tradizione classica greca e latina. Parallelamente si registrano anche posizioni di intellettuali che si mostrano più aperti verso gli ethnikoi, vedendo in loro alcune possibilità di integrazione legate a motivi economici e militari: in tal senso, non mancano espressioni orgogliose di intellettuali che si compiacciono di pensare ai barbari nell’atto di compiere il proprio lavoro agricolo al servizio del mondo romano, un servizio che, però, viene sempre inteso «nello spirito del solito sperequativo dualismo Romani/barbari. E perfino c’è chi vede un’osmosi tra Romani e barbari: in tal caso significativa è la posizione di Orosio che, in virtù dei nuovi tempora christiana pervasi dalla fede in Cristo, esclude ogni discriminazione tra Greco-Romani e barbari, dal momento che, a suo giudizio, le invasioni rientrano nel disegno provvidenziale e, pertanto, egli vede nel lavoro barbarico in territorio romano la base per una pacifica convivenza tra barbari e Romani, interpretando la loro fatica come una vera e propria risorsa per una convivenza e collaborazione reciproca; e una siffatta considerazione rappresenta senza dubbio un passo in avanti nella cultura del rapporto romano-barbarico.
“barbari exsecrati gladios suos ad aratra conversi sunt (Oros., adv. pag. 7, 41, 7): Il tema della pacificazione dei barbari tra IV e V sec. d.C.”
BERARDI, CATERINA CELESTE
2007-01-01
Abstract
L’espressione barbari exsecrati gladios suos ad aratra conversi sunt (Oros., adv. pag. 7, 41, 7), di derivazione biblica (Is 2, 4), è un topos ampiamente diffuso nel mondo greco e latino – soprattutto in sede panegiristica – in particolare tra IV e V secolo. Attraverso l’analisi di passi greci e latini è possibile rilevare una progressiva evoluzione dell’atteggiamento degli scrittori del IV-V secolo nei confronti dei barbari. In generale, persiste in essi una posizione di dualismo ontologico – in quanto percepito come opposizione tra bene e male, superiorità ed inferiorità, rispettivamente dei Romani e dei barbari – ereditato dalla tradizione classica greca e latina. Parallelamente si registrano anche posizioni di intellettuali che si mostrano più aperti verso gli ethnikoi, vedendo in loro alcune possibilità di integrazione legate a motivi economici e militari: in tal senso, non mancano espressioni orgogliose di intellettuali che si compiacciono di pensare ai barbari nell’atto di compiere il proprio lavoro agricolo al servizio del mondo romano, un servizio che, però, viene sempre inteso «nello spirito del solito sperequativo dualismo Romani/barbari. E perfino c’è chi vede un’osmosi tra Romani e barbari: in tal caso significativa è la posizione di Orosio che, in virtù dei nuovi tempora christiana pervasi dalla fede in Cristo, esclude ogni discriminazione tra Greco-Romani e barbari, dal momento che, a suo giudizio, le invasioni rientrano nel disegno provvidenziale e, pertanto, egli vede nel lavoro barbarico in territorio romano la base per una pacifica convivenza tra barbari e Romani, interpretando la loro fatica come una vera e propria risorsa per una convivenza e collaborazione reciproca; e una siffatta considerazione rappresenta senza dubbio un passo in avanti nella cultura del rapporto romano-barbarico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.