Il saggio è l’esito di una pluriennale attività di ricerca commissionata sulla base di una convenzione stipulata tra il Dipartimento DISCUM dell’Università di Foggia e il Comune di Manfredonia (Italia). L’indagine etnografica, condotta in equipe, si è concentrata sull’analisi delle pratiche di appartenenza al contesto urbano e si è protratta per un triennio, utilizzando il metodo dell’osservazione partecipante per indagare sul campo i diversi ambiti di cui si compone il tessuto sociale locale. Il contributo sottoposto a valutazione discute i modi in cui la comunità dei pescatori si situa all’interno del contesto urbano, si struttura al proprio interno e si relaziona con le altre anime della città. La dimensione alieutica è stata individuata come campo di indagine privilegiato in funzione delle aspettative dei committenti, propensi a considerarla l’anima antica della cittadina adriatica. A partire dai cardini fondanti l’antropologia urbana, i cui approcci teorici e metodologici sono stati affrontati nei contributi introduttivi del volume collettaneo, cofirmati dall’autrice di questo articolo, e dopo una breve incursione nella dimensione folklorica del mondo della pesca, il lavoro discute gli aspetti economici, il patrimonio di knowhow, le modificazioni che nel corso del tempo hanno investito il comparto della pesca, la formazione dei gruppi familiari e degli equipaggi, le differenze di genere nei ruoli lavorativi, le pratiche di vendita e divisione del pescato, i rapporti di potere all’interno della comunità, i sentimenti competitivi che animano sia il rapporto tra pescatori che tra questi e la comunità più ampia. Lo spazio sociale, applicando all’analisi le categorie di Bourdieu, viene analizzato come arena di campi disomogenei che si intersecano fra loro orientati da quelle che si rilevano essere le categorie utili a spiegare la dinamica relazionale urbana: diffidenza, invidia, osmosi, opposizione, ostentazione. Infine, declinando stereotipi e pregiudizi riprodotti dagli agenti sociali riguardo il mondo della pesca, come ad esempio la separatezza, la scarsità di alfabetizzazione, l’onore e le regole matrimoniali, ma anche i meccanismi regolatori delle gerarchie interne riconducibili al paradigma della violenza strutturale, si arriva a sostenere che, traslando la nota definizione di Ingold, per comprendere il gruppo che all’interno del contesto sociale manfredoniano si rende riconoscibile attraverso la pratica della pesca, bisogna pensarlo legato alla possibilità, che manifesta, di generare nuove conoscenze, nuove pratiche e dunque nuove appartenenze. Una comunità di pratica regolata da un principio di fissione e fusione che la plasma in una forma duttile che la rende espressione emblematica dei caratteri di liminalità comuni al più ampio contesto urbano, contribuendo a delineare i confini della città pensata come confini mobili, permeabili ed aperti.
Andar per mare
RESTA, PATRIZIA
2009-01-01
Abstract
Il saggio è l’esito di una pluriennale attività di ricerca commissionata sulla base di una convenzione stipulata tra il Dipartimento DISCUM dell’Università di Foggia e il Comune di Manfredonia (Italia). L’indagine etnografica, condotta in equipe, si è concentrata sull’analisi delle pratiche di appartenenza al contesto urbano e si è protratta per un triennio, utilizzando il metodo dell’osservazione partecipante per indagare sul campo i diversi ambiti di cui si compone il tessuto sociale locale. Il contributo sottoposto a valutazione discute i modi in cui la comunità dei pescatori si situa all’interno del contesto urbano, si struttura al proprio interno e si relaziona con le altre anime della città. La dimensione alieutica è stata individuata come campo di indagine privilegiato in funzione delle aspettative dei committenti, propensi a considerarla l’anima antica della cittadina adriatica. A partire dai cardini fondanti l’antropologia urbana, i cui approcci teorici e metodologici sono stati affrontati nei contributi introduttivi del volume collettaneo, cofirmati dall’autrice di questo articolo, e dopo una breve incursione nella dimensione folklorica del mondo della pesca, il lavoro discute gli aspetti economici, il patrimonio di knowhow, le modificazioni che nel corso del tempo hanno investito il comparto della pesca, la formazione dei gruppi familiari e degli equipaggi, le differenze di genere nei ruoli lavorativi, le pratiche di vendita e divisione del pescato, i rapporti di potere all’interno della comunità, i sentimenti competitivi che animano sia il rapporto tra pescatori che tra questi e la comunità più ampia. Lo spazio sociale, applicando all’analisi le categorie di Bourdieu, viene analizzato come arena di campi disomogenei che si intersecano fra loro orientati da quelle che si rilevano essere le categorie utili a spiegare la dinamica relazionale urbana: diffidenza, invidia, osmosi, opposizione, ostentazione. Infine, declinando stereotipi e pregiudizi riprodotti dagli agenti sociali riguardo il mondo della pesca, come ad esempio la separatezza, la scarsità di alfabetizzazione, l’onore e le regole matrimoniali, ma anche i meccanismi regolatori delle gerarchie interne riconducibili al paradigma della violenza strutturale, si arriva a sostenere che, traslando la nota definizione di Ingold, per comprendere il gruppo che all’interno del contesto sociale manfredoniano si rende riconoscibile attraverso la pratica della pesca, bisogna pensarlo legato alla possibilità, che manifesta, di generare nuove conoscenze, nuove pratiche e dunque nuove appartenenze. Una comunità di pratica regolata da un principio di fissione e fusione che la plasma in una forma duttile che la rende espressione emblematica dei caratteri di liminalità comuni al più ampio contesto urbano, contribuendo a delineare i confini della città pensata come confini mobili, permeabili ed aperti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.