ABSTRACT La legge 20 Maggio 1985 n. 222 della Repubblica Italiana (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) contiene una serie di interventi finanziari, diretti ed indiretti, in favore della Chiesa Cattolica. Il favore riconosciuto a tale ordinamento confessionale, che trova la sua base nell’art. 8 della Costituzione, si esplica nella previsione di un regime giuridico parallelo e differente, regolante la costituzione e il trattamento fiscale dei patrimoni ecclesiastici. Quello riferito, può ben essere considerato come l'ultimo tassello di un plurisecolare modo di “risolvere” giuridicamente la reciproca convivenza di un ordinamento statale e di un ordinamento di tipo religioso che, pur rivendicando autonomia di ambito (il religioso), non può tuttavia non regolamentare gli aspetti economici, e più in generale materiali ed esteriori, comunque comportati dalla presenza di una ecclesia in un territorio geo-politico statale. Anche l’ordinamento giuridico romano, a partire da un determinato momento storico, ha cominciato ad interessarsi del fenomeno, per cui sembrerebbe potersi individuare, anche nella legislazione privatistica imperiale, un certo filone di norme specificamente dedicate ai beni ecclesiastici. In particolare, la svolta costantiniana, consacratasi nel 313 d.C. con gli accordi tra Costantino e Licinio e la conseguente produzione del cosiddetto “editto di Milano”, ha, com’è noto, modificato radicalmente la storia dei rapporti tra Impero e Chiesa, ovvero tra Autorità politica e comunità cristiane. Infatti, nei primi anni di storia del cristianesimo non è affatto chiaro come, sotto il profilo giuridico, venissero viste le comunità di cristiani e conseguentemente non è chiaro se tali comunità originarie di cristiani avessero la possibilità di possedere beni, mobili ed immobili. La storiografia del secolo scorso, particolarmente interessata al problema, si è prodigata nella ricerca di una soluzione, senza mai addivenire però a soluzioni unanimi. Le innumerevoli teorie formulate possono essere distinte in tre filoni fondamentali: le teorie che, inquadrando le comunità cristiane nella categoria delle associazioni, ricercano la soluzione in una particolarità di tale legislazione; le teorie che vedono le comunità cristiane come solo “tollerate” dall’Impero romano e quelle che negano l’esistenza della proprietà ecclesiastica. La seconda parte degli accordi di Milano, specificamente dedicati ai cristiani, inaugura, tra l’altro, una nuova legislazione filo-cristiana, che caratterizzerà gran parte della produzione normativa privatistica imperiale. Tale politica ecclesiastica, in qualche modo favorevole ai cristiani, proseguirà nella legislazione costantiniana volta a favorire ed incrementare il patrimonio ecclesiastico, tra cui, ad es., spiccano il disposto di C.Th. 16.2.4 del 321 d.C., che riconosce alle comunità cristiane la legittimazione passiva testamentaria, e, quello di C.Th. 16.2.6 del 329 d.C., in cui Costantino attribuisce ai gestori delle ricchezze della Chiesa l’obbligo di adiuvare pauperes, come necessario corollario dei vari privilegi via via accordati al clero e alle nascenti istituzioni ecclesiastiche. La tesi, sulla base delle fonti (romanistiche) civili ed ecclesiastiche, vorrà approfondire questi aspetti e riguarderà in primo luogo il problema della nascita della cosiddetta proprietà ecclesiastica, ossia l’individuazione del momento a partire dal quale è lecito parlare di un regime giuridico parallelo e differente per i possedimenti ecclesiastici, per analizzare poi, i più significativi provvedimenti costantiniani in proposito. ABSTRACT It is well known that the Constantinian shift, legitimated in 313 a.D. ,with the agreements between Constantin and Licinius, and the subsequent erogation of the “edict of Milan”, radically modified the history between the Empire and the Church (or rather between the political Authority and Christian communities). Indeed it is not clear how Christian communities were seen from a juridic point of view, during the first years of Christian age. Consequently it is not clear if such communities were allowed owning personal or real properties. This work aims at an in-depth analysis of these fields on the basis of civil and ecclesiastic sources. It will give insight into this points specifically referring to the creation of ecclesiastic property. To be more precise this is the identification of the starting point from which is defined a parallel and different juridic system for ecclesiastic properties.

Cristianesimo, Chiesa, ricchezza. Alle origini della proprietà ecclesiastica / Annunziata, Dario. - (2015 Apr 20). [10.14274/UNIFG/FAIR/338081]

Cristianesimo, Chiesa, ricchezza. Alle origini della proprietà ecclesiastica

ANNUNZIATA, DARIO
2015-04-20

Abstract

ABSTRACT La legge 20 Maggio 1985 n. 222 della Repubblica Italiana (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) contiene una serie di interventi finanziari, diretti ed indiretti, in favore della Chiesa Cattolica. Il favore riconosciuto a tale ordinamento confessionale, che trova la sua base nell’art. 8 della Costituzione, si esplica nella previsione di un regime giuridico parallelo e differente, regolante la costituzione e il trattamento fiscale dei patrimoni ecclesiastici. Quello riferito, può ben essere considerato come l'ultimo tassello di un plurisecolare modo di “risolvere” giuridicamente la reciproca convivenza di un ordinamento statale e di un ordinamento di tipo religioso che, pur rivendicando autonomia di ambito (il religioso), non può tuttavia non regolamentare gli aspetti economici, e più in generale materiali ed esteriori, comunque comportati dalla presenza di una ecclesia in un territorio geo-politico statale. Anche l’ordinamento giuridico romano, a partire da un determinato momento storico, ha cominciato ad interessarsi del fenomeno, per cui sembrerebbe potersi individuare, anche nella legislazione privatistica imperiale, un certo filone di norme specificamente dedicate ai beni ecclesiastici. In particolare, la svolta costantiniana, consacratasi nel 313 d.C. con gli accordi tra Costantino e Licinio e la conseguente produzione del cosiddetto “editto di Milano”, ha, com’è noto, modificato radicalmente la storia dei rapporti tra Impero e Chiesa, ovvero tra Autorità politica e comunità cristiane. Infatti, nei primi anni di storia del cristianesimo non è affatto chiaro come, sotto il profilo giuridico, venissero viste le comunità di cristiani e conseguentemente non è chiaro se tali comunità originarie di cristiani avessero la possibilità di possedere beni, mobili ed immobili. La storiografia del secolo scorso, particolarmente interessata al problema, si è prodigata nella ricerca di una soluzione, senza mai addivenire però a soluzioni unanimi. Le innumerevoli teorie formulate possono essere distinte in tre filoni fondamentali: le teorie che, inquadrando le comunità cristiane nella categoria delle associazioni, ricercano la soluzione in una particolarità di tale legislazione; le teorie che vedono le comunità cristiane come solo “tollerate” dall’Impero romano e quelle che negano l’esistenza della proprietà ecclesiastica. La seconda parte degli accordi di Milano, specificamente dedicati ai cristiani, inaugura, tra l’altro, una nuova legislazione filo-cristiana, che caratterizzerà gran parte della produzione normativa privatistica imperiale. Tale politica ecclesiastica, in qualche modo favorevole ai cristiani, proseguirà nella legislazione costantiniana volta a favorire ed incrementare il patrimonio ecclesiastico, tra cui, ad es., spiccano il disposto di C.Th. 16.2.4 del 321 d.C., che riconosce alle comunità cristiane la legittimazione passiva testamentaria, e, quello di C.Th. 16.2.6 del 329 d.C., in cui Costantino attribuisce ai gestori delle ricchezze della Chiesa l’obbligo di adiuvare pauperes, come necessario corollario dei vari privilegi via via accordati al clero e alle nascenti istituzioni ecclesiastiche. La tesi, sulla base delle fonti (romanistiche) civili ed ecclesiastiche, vorrà approfondire questi aspetti e riguarderà in primo luogo il problema della nascita della cosiddetta proprietà ecclesiastica, ossia l’individuazione del momento a partire dal quale è lecito parlare di un regime giuridico parallelo e differente per i possedimenti ecclesiastici, per analizzare poi, i più significativi provvedimenti costantiniani in proposito. ABSTRACT It is well known that the Constantinian shift, legitimated in 313 a.D. ,with the agreements between Constantin and Licinius, and the subsequent erogation of the “edict of Milan”, radically modified the history between the Empire and the Church (or rather between the political Authority and Christian communities). Indeed it is not clear how Christian communities were seen from a juridic point of view, during the first years of Christian age. Consequently it is not clear if such communities were allowed owning personal or real properties. This work aims at an in-depth analysis of these fields on the basis of civil and ecclesiastic sources. It will give insight into this points specifically referring to the creation of ecclesiastic property. To be more precise this is the identification of the starting point from which is defined a parallel and different juridic system for ecclesiastic properties.
20-apr-2015
protocristianesimo, proprietà ecclesiastica
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