Abstract A livello internazionale si sta strutturando un ambito di ricerca che vede il dialogo tra neuroscienze ed educazione come una delle relazioni transdisciplinari più interessanti e produttive degli ultimi anni. Questo settore d’indagine, definito Neuroeducation, vede nella declinazione educativa delle ricerche nel campo delle neuroscienze cognitive, affettive e sociali e nell’indispensabile collaborazione tra ricercatori ed educatori, gli obiettivi principali per una sua autonoma caratterizzazione epistemologica ed operativa. La ricerca neuroeducativa è nata soprattutto in seguito alla diffusione del neuroimaging funzionale, grazie al quale è stato possibile studiare “in vivo” i processi cognitivi ed emotivi, andando così oltre i risultati della ricerca psicologica. L’importanza che ricopre la ricerca neuroscientifica per l’educazione è stata dimostrata dall’accelerazione che il suo paradigma sperimentale ha impresso alla comprensione dei processi cognitivo-emotivi di fondamentali attività educative come la lettura e il calcolo matematico. Ma il dato scientifico più interessante che questo nuovo approccio sperimentale ha prodotto è la dimostrazione dello strettissimo legame che sussiste fra cognizioni ed emozioni, cosa che ha contribuito a superare quei dualismi epistemologici (natura e cultura, scienze naturali e scienze umane, mente e corpo, mente e cervello), che per secoli hanno contraddistinto il pensiero filosofico e la ricerca scientifica. In particolare, l’utilizzo del brain imaging, oltre che chiarire gli aspetti funzionali dei processi mentali, ha permesso anche di valutare l’efficacia di alcuni programmi di recupero utilizzati in disturbi come la dislessia, la discalculia e l’autismo. L’interconnessione fra neuroscienze ed educazione si sta realizzando su questo piano e tale approccio consiliente sta producendo risultati che a breve renderanno sempre più efficaci i processi di insegnamento-apprendimento. A fronte di un crescente interesse internazionale per questo ambito di studio, che ha portato alla fondazione di associazioni scientifiche, alla messa a punto di programmi di ricerca finanziati dai governi, alla costituzione di centri di ricerca specifici, alla messa a punto di percorsi di formazione universitari, il mondo pedagogico italiano, invece, si è rivelato poco sensibile a questi argomenti, limitandosi, nel migliore dei casi, ad una riflessione meramente epistemologica. La riconquista di una centralità culturale e scientifica da parte della Pedagogia potrà avvenire soprattutto se essa giocherà un ruolo fondamentale in questo dialogo tra neuroscienze ed educazione, contribuendo a ridurre quella distanza tra classe e laboratorio, che troppo spesso lascia gli insegnanti in balìa di false credenze prodotte da psicomiti e neuromiti, o li irrigidisce in una didattica che fa dell’autarchia operativa e dello scetticismo scientifico la propria bussola professionale. L’auspicio è che a breve anche in Italia sorgano Centri di Ricerca e di Formazione Universitari Interdipartimentali, che consentano a ricercatori ed educatori una stretta collaborazione sia in fase di ricerca sperimentale e sia in quella didattico-operativa.

Cognizioni-ed-emozioni: prospettive neuroeducative / Costanzucci, Paolino Claudio. - (2014 May 05). [10.14274/UNIFG/FAIR/331986]

Cognizioni-ed-emozioni: prospettive neuroeducative

Costanzucci, Paolino Claudio
2014-05-05

Abstract

Abstract A livello internazionale si sta strutturando un ambito di ricerca che vede il dialogo tra neuroscienze ed educazione come una delle relazioni transdisciplinari più interessanti e produttive degli ultimi anni. Questo settore d’indagine, definito Neuroeducation, vede nella declinazione educativa delle ricerche nel campo delle neuroscienze cognitive, affettive e sociali e nell’indispensabile collaborazione tra ricercatori ed educatori, gli obiettivi principali per una sua autonoma caratterizzazione epistemologica ed operativa. La ricerca neuroeducativa è nata soprattutto in seguito alla diffusione del neuroimaging funzionale, grazie al quale è stato possibile studiare “in vivo” i processi cognitivi ed emotivi, andando così oltre i risultati della ricerca psicologica. L’importanza che ricopre la ricerca neuroscientifica per l’educazione è stata dimostrata dall’accelerazione che il suo paradigma sperimentale ha impresso alla comprensione dei processi cognitivo-emotivi di fondamentali attività educative come la lettura e il calcolo matematico. Ma il dato scientifico più interessante che questo nuovo approccio sperimentale ha prodotto è la dimostrazione dello strettissimo legame che sussiste fra cognizioni ed emozioni, cosa che ha contribuito a superare quei dualismi epistemologici (natura e cultura, scienze naturali e scienze umane, mente e corpo, mente e cervello), che per secoli hanno contraddistinto il pensiero filosofico e la ricerca scientifica. In particolare, l’utilizzo del brain imaging, oltre che chiarire gli aspetti funzionali dei processi mentali, ha permesso anche di valutare l’efficacia di alcuni programmi di recupero utilizzati in disturbi come la dislessia, la discalculia e l’autismo. L’interconnessione fra neuroscienze ed educazione si sta realizzando su questo piano e tale approccio consiliente sta producendo risultati che a breve renderanno sempre più efficaci i processi di insegnamento-apprendimento. A fronte di un crescente interesse internazionale per questo ambito di studio, che ha portato alla fondazione di associazioni scientifiche, alla messa a punto di programmi di ricerca finanziati dai governi, alla costituzione di centri di ricerca specifici, alla messa a punto di percorsi di formazione universitari, il mondo pedagogico italiano, invece, si è rivelato poco sensibile a questi argomenti, limitandosi, nel migliore dei casi, ad una riflessione meramente epistemologica. La riconquista di una centralità culturale e scientifica da parte della Pedagogia potrà avvenire soprattutto se essa giocherà un ruolo fondamentale in questo dialogo tra neuroscienze ed educazione, contribuendo a ridurre quella distanza tra classe e laboratorio, che troppo spesso lascia gli insegnanti in balìa di false credenze prodotte da psicomiti e neuromiti, o li irrigidisce in una didattica che fa dell’autarchia operativa e dello scetticismo scientifico la propria bussola professionale. L’auspicio è che a breve anche in Italia sorgano Centri di Ricerca e di Formazione Universitari Interdipartimentali, che consentano a ricercatori ed educatori una stretta collaborazione sia in fase di ricerca sperimentale e sia in quella didattico-operativa.
5-mag-2014
neuroeducation, pedagogia, neuroscienze
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